43Beato se’, Grifon, che non discindi
Col becco d’esto legno dolce al gusto,
Poscia che mal si torce ’l ventre quindi.
46Così d’intorno all’arbore robusto
Gridavan li altri; e l’animal binato:1
Sì si conserva il seme d’ogni giusto.
49E, volto al temo ch’elli avea tirato,2
Trasselo al piè della vedova frasca;
E quel di lei a lei lassò legato.
52Come le nostre piante, quando casca
Giù la gran luce meschiata con quella
Che raggia dietro a la celeste lasca,
55Turgide fansi, e poi si rinnovella
Di suo color ciascuna, pria che ’l Sole
Giunga li suo corsier sott’altra stella.
58Men che di rose, e più che di viole
Colore aprendosi, innovò la pianta,3
Che prima avea le ramora sì sole.4
61Io nollo intesi, e qui già non si canta5
L’inno che quella gente allor cantaro,
Nè la nota soffersi tutta quanta.
64S’io potesse ritrar come assonnaro
Li occhi spietati, udendo di Siringa,
Li occhi a cui pur vegghiar gostò sì caro;
67Come pintor, che con esemplo pinga,
Disegnerei com’io m’addormentai;6
Ma sia qual vuol che l’assonnar ben finga:7
- ↑ v. 47. C. A. Gridaron
- ↑ v. 49. C. A. volti al
- ↑ v. 59. C. A. aprendo s’innovò
- ↑ v. 60. Ramora; terminazione avanzataci dall’altra pure feminile col plurale in a: le letta, le prata ec. E.
- ↑ v. 61. C. A. Io non lo intesi, nè qui non si canta
- ↑ v. 68. C. M. Designerei
- ↑ v. 69. C. A. Ma qual vuol sia che l’assonnar