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à veduto infine a qui se non li occhi tuoi. E potrebbe essere in queste parole questa allegoria: Manifesta a lui la intenzione tua litterale e morale che sta appiattata sotto lo velame de la fede per sì fatto modo, che elli comprenda la intenzione allegorica et anagogica; la quale intenzione è la seconda bellezza de la Teologia; l’una bellezza è la intenzione letterale ne la quale sta la moralità poco latente, la seconda bellezza è la intenzione allegorica et anagogica che sta appiattata molto sotto la lettera.

C. XXXI — v. 139-145. In questi due ternari et uno versetto lo nostro autore finge come Beatrice al prego de le ditte tre virtù teologiche si scoperse e mostrò lo volto suo a lui, lo quale, come fusse fatto, impossibile serebbe ad ogni ingegno a narrare, e però dice così: Ahi; questa è interiezione che significa ammirazione, splendori di viva luce eterna; cioè funno quelli che allora Beatrice dimostrò, scoprendosi lo volto suo; e bene funno splendori di viva luce eterna: imperò che funno de la divinità, che è luce che sempre vive et è eterna, Chi pallido si fece sotto l’ombra Sì di Parnaso: Parnaso, come è stato ditto di sopra, è uno monte in Grecia posto in una isula che si chiama Delo, o vero Delfo, et à due altezze, che in su l’una che è chiamata Elicon è Cirra consecrata ad Apolline, et insù l’altra chiamata Citeron è Nisa consecrata a Baco; e giù ne la valle, dove fa ombra lo ditto monte di verso Cirra, è lo tempio d’Apolline, e di verso Nisa è lo tempio di Baco, et èvi lo bosco e la fonte in mezzo consecrate a le Muse, e giù a piè del monte è la città Focis. E perchè in quella valle nel bosco stavano li studianti, per stare solitari, e stavano sobri, e pertanto diventavano pallidi, però dice: chi pallido si fece sotto l’ombra Sì di Parnaso; chi più continua lo studio, più diventa pallido; e per tanto vuole dire: chi à tanto studiato nello studio di Parnaso, o beve in sua cisterna; cioè o à tanto bevuto de la fonte de le Muse, Che non paresse aver la mente ingombra; cioè occupata et impacciata, Tentando a render te; cioè se tentasse di descrivere te Beatrice; cioè tale, qual tu paresti; cioè tu, Beatrice, Là dove; cioè in quel luoco nel quale, il Ciel t’adombra; cioè ti cuopre sì, che non vi sia altra copertura che quella del cielo, armonizzando; cioè cantando e sonando dolcemente, cioè in quello luogo dove tratti de le cose del cielo dolcemente e dilettevilmente; e questo è adombrare, cioè colorare, quasi dica: Nullo serebbe che ’l sapesse descrivere, qualunqua fusse più ammaestrato e più scientifico, Quando solvesti te nell’aire aperto; cioè quando ti mostrasti aperta, non sotto velame di fede? Per questo dà ad intendere che nessuno potrebbe dire la bellessa de la santa Teologia, quand’ella parla apertamente de le cose del cielo: imperò che niuno diletto è pari a quello. E qui finisce il canto xxxi, et incominciasi lo xxxii.