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   68 p u r g a t o r i o   iii. [v. 103-117]

Cerchi di soperchiar questa parete; cioè di montare questo monte de la penitenzia e del purgatorio. Così il Maestro; cioè così disse loro Virgilio; e quella gente degna; cioè l’anime che dette sono di sopra, che eran degne fatte de la grazia di Dio: Tornate, disse; ecco che li ammonisce del tornare verso l’oriente, et andare verso mano ritta in verso ’l sole, entrate inanzi dunque; e così convenia che andasseno, poi che tornavano a rieto; et anco finge questo l’autore, per mostrare ch’elli doveano montare suso; ma quelle anime rimanere, Coi dossi de le man facendo insegna: cioè demostrazione che tornasseno a rieto. Et è qui notabile che a così fatta dubitazione è convenevile che la ragione risponda sensa essere dimandata, volendo prendere consillio da sì fatte persone, acciochè dichiarate del loro dubbio consillino; e così àe finto qui l’autore, mostrando come, dichiarato che lo suo andare così era per la grazia di Dio, elle subitamente consillionno che andasseno innanti. Ma è qui da considerare che l’autore finge che andasseno allato a la grotta, e quelle anime sul basso 1, per mostrare ch’elli non era di loro condizione: imperò che non era mai stato scomunicato; e però fingerà di sotto che, montato quel primo balzo, non vi si restasse; ma subito passò al secondo balso; cioè al terso luogo dei negligenti de la tersa specie.

C. III — v. 103-117. In questi cinque ternari lo nostro autore fìnge come una di quelle anime lo incitò a parlare seco, dicendo: Et un di lor; cioè dell’anime dette di sopra, incominciò; a parlare, dicendo: Chiunque Tu se’; disse a Dante, così andando; sensa arrestare, volge il viso; tuo verso me, Pon mente, se di là; cioè nel mondo, mi vedesti unque; cioè mai; cioè guarda, se mi ricognosci. Io; cioè Dante, mi volsi ver lui; cioè verso l’anima che avea sì parlato, e guardail fiso; per ricognoscerlo, e descrive le suoe fattesse: Biondo era e bello; quello spirito, e di gentile aspetto; cioè di gentile apparenzia, Ma l’un dei cilli un colpo avea diviso; cioè avea fesso l’uno cillio delli occhi per uno colpo che avea avuto nel mondo. Quand’io; cioè Dante, mi fui umilmente disdetto; cioè d’averlo cognosciuto; e però dice: D’averlo visto mai, ei disse; cioè quello spirito a me Dante: Or vedi; E mostrommi una piaga a sommo il petto; la quale avea avuta nel mondo, quando fu morto nella battallia. Poi sorridendo; questo dice l’autore, perchè l’anime passate si fanno beffe de le cose del mondo, disse: Io son Manfredi; ecco che si nomina. Questo fu lo re Manfredi di Sicilia filliuolo de lo imperadore Federigo secondo, e non fu legittimo, e fu male in concordia co la chiesa, sì che ’l papa lo scomunicò e mandò contra a lui lo cardinale Cosense 2, lo quale giurò che convenia che lo cacciasse del regno, e

  1. C. M. anime in sul balso, per mostrare
  2. C. M. cardinale Conscense, il quale