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[v. 91-102] | c o m m e n t o | 765 |
la studiò carnalmente, secondo la lettera e moralità, ne la sua puerizia li parve più bella che tutte l’altre scienzie, et ora che la considerava secondo lo intelletto allegorico et anagogico spiritualmente, nel quale ella si mostra antica: imperò ch’ella è fatta e creata da la Sapienzia increata, li parea molto più bella che quando la studiò secondo la lettera. Di pentir; cioè d’averla lassata et essermi dato a le vanità del mondo, sì; cioè per sì fatto modo, mi punse; cioè punse me Dante, ivi; cioè in quello luogo, et allegoricamente in quella considerazione, l’ortica; cioè lo rimordimento de la coscienzia che cuoce, come fa l’ortica quando punge, Che di tutte altre cose qual; cioè quella la quale, mi torse Più nel suo amore; cioè qualunqua cosa più m’inchinò al suo amore, più si fe nimica; cioè più l’ebbi allora in odio. Tanta ricognoscenzia; cioè del mio errore, il cuor mi morse: imperocch’io n’ebbi pentimento e dolore, Ch’io caddi vinto; dal dolore e privato dei sentimenti, e quale allora femmi; cioè caento io diventai, Salsi colei; cioè Beatrice, che; cioè la quale, la cagion mi porse; cioè mi diede di sì dolermi: imperò che la riprensione de la santa Scrittura, che li occorse ne la mente, li fe avere tale contrizione, e questa nolli serebbe occorsa se non mediante la Grazia Divina; dunqua Iddio li diè la cagione, nè di sì fatta contrizione, et elli sa come allora diventò fatto, et a lui se ne dè rendere loda.
C. XXXI — v. 91-102. In questi quattro ternari lo nostro autore finge come elli fu preso da Matelda, e bagnato et immerso nel fiume Lete, e portato di là dal fiume, dicendo così: Poi quando il cuor; cioè mio, di fuor virtù rendemmi; cioè che la virtù vitale e sensitiva, ch’era corsa col sangue al cuore, tornò di fuori a le membra, La donna; cioè Matelda, ch’io; cioè la quale io Dante, avea trovato sola; di là dal fiume, quando io giunsi a la riva di qua, Sopra me viddi; venuta dì qua dal fiume, e dicea: cioè ella a me: Tiemmi, tiemmi; cioè attienti attienti a me; e rende la cagione, per che sì dicea: Tratto m’avea nel fiume; cioè la ditta donna m’avea tirato; cioè me Dante, nel fiume Lete quando io caddi, in fin la gola; cioè infine a la gola mi trovai nel fiume, quando io mi risentitti e viddi sopra me Beatrice, et ella dissemi: Tiemmi, tiemmi, E tirando me; cioè Dante, che m’era afferrato ai panni suoi, si dè intendere, dritta se ne giva Sovr’esso l’acqua; cioè Matelda dritta andava sopra l’acqua, tirando me tutta via, lieve come spola: la spola è lo istrumento da tessere che si gitta tra lo stame e va leggermente sì che non rompe le fila, e cusì lieve andava Matelda sovra l’acqua si che non si bagnava pur le piante. Quando fui; io Dante, presso a la beata riva; cioè all’altra ripa del fiume Lete, di là da la quale stanno li beati che sono in stato d’innocenzia, Asperges me; cioè: Domine, asperges me hyssopo et mundabor: lavabis me, et super nivem