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22Ond’ella a me: Per entro i mie’ disiri,
     Che ti menavan ad amar lo Bene,
     Di qua dal qual non è a che s’aspiri,1
25Quai fossi attraversati o quai catene2
     Trovasti, per che del passare inanzi
     Dovessiti così spolliar la spene?
28E quali agevolezze e quali avanzi
     Ne la fronte delli altri si mostraro,
     Per che dovessi lor passeggiar anzi?
31Di po’ la tratta d’un sospiro amaro
     A pena ebbi la voce che rispuose,
     Che le labbra a fatica la formaro.
34Piangendo dissi: Le presenti cose
     Col falso lor piacier volser mie passi,3
     Tosto che ’l vostro viso si nascose.4
37Et ella: Se tacessi, o se negassi
     Ciò che confessi, non fora men nota
     La colpa tua: da tal giudice sassi;
40Ma quando scoppia da la propria gota
     L’accusa del peccato, in nostra corte
     Rivolge sè contra ’l tallio la rota.
43Tuttavia, perchè me’ vergogna porte5
     Del tuo errore, e perchè altra volta
     Odendo le Sirene sia più forte,
46Pon giù ’l seme del pianger, et ascolta:
     Sì udirai, com’in contraria parte
     Muover dovieti mia carne sepolta.6 7

  1. v. 24. C. A. a che sospiri,
  2. v. 25. C. A. fosse attraversate
  3. v. 35. Mie; miei, terminato in e per la consueta legge di parità, come altre, parecchie ec. v. T. II, pag. 655. E.
  4. v. 36. C. A. il viso vostro
  5. v. 43. C. A. mo vergogna
  6. v. 48. C. M. doveati
  7. v. 48. Dovieti; dovie te, e così anche il singolare dell’imperfetto per uniformità cadde in e. E.