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me dicono li versi de la Grammatica: Constellatio, mors, Parcæ, responsa deorum, Eventus rerum signatur nomine fati; et1 ultimo modo si pillia qui, e però adiunge di Dio, e dice l’alto: imperò che Iddio è sopra tutte le cose create, e così la sua providenzia e l’ordine fatale e però bene si può dire alto, serebbe rotto; la quale cosa è impossibile, cioè che ’l fato si possa rompere; et ei si romprebbe se ’l peccato si dimenticasse, sensa averne avuto prima la debita contrizione; e però dice: Se Lete; cioè lo fiume de la dimenticagione, ch’era in mezzo tra lui, cioè tra l’autore e Beatrice, si passasse; cioè dal detto errante, del quale2 i’ò parlato, dice Beatrice, e tal vivanda; cioè sì fatta, come questa di questo fiume Lete, che fa diminticare ogni peccato e tollie la memoria e lo fomite del peccato, Fusse gustata; cioè assaggiata da costui, senza alcuno scotto; cioè pagamento: alcuna volta scotto si pillia per la vivanda, et alcuna volta per lo pagamento, Di pentimento; cioè di dovuta contrizione del peccato commesso, che; cioè la quale, spanda; cioè sparga, lagrime: imperò che le lagrime sono manifestamento del cuore e segno di dolore. E qui finisce il xxx canto.

  1. C. M. et a l’ultimo
  2. C. M. io òe parlato,


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