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   [v. 100-108] c o m m e n t o 745

cioè Dante, del quale dovea e volea parlare, removendo loro dicendo così: Voi; cioè angiuli, vigilate ne l’eterno die; cioè in Dio, che è eterna chiaressa sensa ignoranzia, verità sensa errore: però che sempre contemplate Iddio, Sì che notte; cioè oscurità d’ignoranzia, nè sonno; cioè concupiscenzia dei diletti carnali e mondani, a voi; cioè angiuli; non fura; cioè non tolle latentemente, Passo, che faccia ’l secul per suoe vie; cioè non perdete punto di tempo: imperò che siete confermati in grazia e sempre contemplate Iddio; et anco si può intendere: Non perdete veruna cosa che in tempo avvegna, anco le sapete tutte; e parla molto alto in questa parte, e dèsi intendere così: Passo; cioè la successione temporale che si fa da istante a istante, che; cioè la quale, faccia ’l secul; cioè lo tempo che procede da l’eternità di Dio, per suoe vie; cioè per suoe estensione. Et abbo esposto le parole secondo l’allegoria: imperò che secondo la lettera son chiare; cioè: Voi angiuli vegghiate in vita eterna, dove non si dorme, non si mangia, nè non si be’, sicchè non perdete mai tempo e però non serebbe bisogno ch’io rispondesse a voi, nè per farvi solliciti: imperò che siete; nè per farvi sapere lo suo fallo che anco lo sapete, e però ben ch’io parli a voi, io lo dico perchè m’intenda colui che à fallito e ricognosca lo fallo suo, secondo che dice lo proverbio de le femine: Io lo dico a te, filliuola, perchè m’intenda la mia nuora; e però dice: Unde; cioè per la qual cosa, la mia risposta; la quale io farò ora a voi, è con più cura; cioè con più solicitudine, Che m’intenda colui; cioè Dante, che di là; cioè di là dal fiume Lete, piagne; cioè piange, come appare per quil che è ditto di sopra, Perchè sia colpa e duol d’una misura; cioè perchè risponda lo dolore e la contrizione a la colpa commessa, che m’intendiate voi ai quali non è bisogno. E ragionevilmente l’autore usa questo parlare: imperò che vuole mostrare che Beatrice risponda a li angiuli, che aveano mostrato nel loro canto compassione a Dante, per che cagione ella lo riprese sì aspramente et anco lo riprenderà; e perchè non è bisogno che si mostri la cagione a chi la sa, e li angiuli la sanno, non era bisogno che Beatrice la insegnasse a loro, e però nel principio del suo parlare àe renduto la cagione, per ch’ella sì lo riprese e riprenderà, non perchè lo intendano ellino che non è di bisogno: imperò che ’l sanno; ma perchè lo intenda Dante, a cui era bisogno per ricognoscere la sua colpa, acciò che vi sodisfaccia co la contrizione.

C. XXX — v. 109-123. In questi cinque ternari finge l’autore come Beatrice, fatta la insinuazione, continua la narrazione parlando di lui mostrando quanto fu bene disposto ne la sua puerizia per la grazia di Dio, dicendo così: Non pur per opra de le rote magne; cioè non per operazione della revoluzione dei cieli e dei pianeti: lo primo mobile si gira in 24 ore tutto e tirasi tutti li altri cieli