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role a lui venne speransa de la misericordia di Dio, Ma non passaro; cioè li angiuli nel loro canto, oltra; quella parola che dice: pedes meos: imperò che non venia a proposito, come detto è.

C. XXX — v. 85-99. In questi cinque ternari lo nostro autore finge come ebbe grande contrizione del suo errore, arrecando una propria similitudine a proposito, dicendo così: Sì come neve; cioè nieve, tra le vive travi; cioè tra li vivi abeti, dei quali poi quando sono talliati se ne fa travi, e non sono più vivi: mentre che sono ritti ne la selva viveno di vita vegetabile; ma poi che sono talliati non più viveno: imperò che più non tirano nutrimento da la terra, nè non rinverdisceno, nè non cresceno, Per lo dosso d’Italia; cioè per lo monte appennino, che è lo dosso e la schiena d’Italia: imperò che per lo mezzo d’Italia si discende, incominciando dall’Alpi di verso la Provensa e la Francia infine a la Sicilia, come è stato ditto di sopra, si congela; cioè si pillia insieme et assodasi, come ghiaccia, Soffiata e stretta; cioè la ditta nieve, per li venti schiavi; cioè per li venti che vegnano da la Schiavonia, che viene in mezzo tra l’Italia e settentrione, Poi liquefatta; cioè strutta e resoluta, cioè ne la primavera, in sè stessa trapela; cioè trapassa dentro da sè, et isdura quella che è indurata dentro e falla risolvere, Pur che la terra, che perde ombra; cioè lo mezzo, di dove lo Sole appena fa ombra per li arbori che vi sono quando è nel mezzo di’, cioè nel meridiano, tanto dirittamente manda li raggi giuso, spiri; cioè soffi: imperò che li venti meridionali fanno risolvere le nievi dell’Alpi quando soffiano, Siccom; cioè sì come, per foco fonde la candela; ecco che arreca a la similitudine un’altra similitudine; cioè che come lo fuoco col suo caldo fa colare la candela de la cera, così lo caldo di quelli venti che sono caldi fa struggere la nieve, Così; ecco che adatta la similitudine, dicendo che così io; cioè Dante, fui senza lagrime e sospiri; per ch’io era congelato per la paura de la Divina Iustizia, Anzi ’l cantar di quei; cioè di coloro, che notan sempre; cioè cantano: notare è nel canto seguitare le note; cioè li segni del canto, che si fanno nel libro del canto, Dietro a le note de li eterni giri; cioè dei cieli che girano sempiternalmente, come Dio li fa girare, e nel suo girare produceno quello che Iddio àe proveduto; e ponsi qui eterni impropriamente, cioè sempiterni, et è qui uno colore che si chiama significazione per similitudine: imperò che come lo cantore seguita nel canto le note che vede segnate nel libro, secondo la ragione de la Musica, e cusì canta come le note li mostrano; così li angiuli cantano quello che vedeno segnato ne l’ordine fatale de la providenzia di Dio; lo quale ordine fatale per le influenzie celesti si mette ad esecuzione, et anco per molte altri cagioni secondarie, come dimostra Boezio nel iv libro de la Filosofica