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chiama Lete, Ma veggendomi in esso: imperò che l’acqua chiara li rendea la sua imagine, i1 trassi all’erba; cioè levai li occhi da l’acqua et arrecaili ai miei piedi a veder l’erba, la quale non mi rendea l’imagine mia; et assegna la cagione perchè: Tanta vergogna mi gravò la fronte; cioè tanto mi vergognai de le parole dettemi da Beatrice, ch’io non potetti patire di vedere la mia imagine; e la cagione è questa che, quando l’omo si vergogna, cerca d’occultarsi: imperò ch’elli vuole che s’appiatti quil che è noto, e però li membri iudicativi tutti si mutano, com’è anco stato ditto di sopra. Et allegoricamente significa ch’elli ragguardò co lo intelletto e co la ragione ne la Grazia Divina, significata per l’acqua di Lete, la quale li rappresentò nella coscenzia sua, la quale essendoli nota, essere de l’errore colpevile, vergognòsi e ritrassesi a la speransa de la misericordia d’iddio; o volliamo, a considerare la vigorosità de la virtù, per la quale elli emenderebbe l’errore; cioè co la virente contrizione, e questo fu ragguardare l’erba. Et arreca una similitudine, dicendo: Così la madre al fillio; alcuna volta, si dè intendere; cioè quando ella lo riprende, par superba; cioè altiera e sdegnosa ne le parole riprensive, Com’ella; cioè Beatrice, parve a me; cioè Dante, perchè d’amaro Senti’ il sapor de la pietale acerba; ecco la cagione, perchè Beatrice li parve superba; cioè: imperò che la riprensione, la quale venne da pietà dura e non molle, mi seppe d’amaro: per pietà la madre riprende lo figliuolo; ma alcuna volta la pietà è molle, alcuna volta è dura; quando è molle sa di dolce, quando è dura sa d’amaro. Ella; cioè Beatrice, si tacque; dette le suprascritte parole, e li angeli; ch’erano di sopra da lei e d’intorno, cantaro Di subito; questo che seguita, cioè: In te, Domine, speravi; questo canto finge l’autore che facesseno li angiuli: imperò che, quando lo peccatore si vergogna del suo peccato, li angiuli si metteno in cuore ch’elli speri in de la misericordia di Dio, e torni a lui co la confessione del peccato e co la contrizione e satisfazione; e però dice che cantonno: In te, Domine, speravi; questo è lo salmo xxx, che incomincia: In te Domine, speravi, non confundar in aeternum: in iustitia tua libera me; nel quale David, parlando a Dio in estasi di mente, dimostra la speransa ch’elli avea ne la misericordia di Dio; e dice l’autore che cantonno infine a quil verso, che dice: Nec conclusisti me in manibus inimici: statuisti in loco spatioso pedes meos: imperò che da quil verso inanti non è a proposito suo: imperò che non parla de la speransa che ’l peccatore dè avere ne la misericordia di Dio; ma pone la confessione del peccato suo, che dè fare lo peccatore, e però finge che non passonno nel loro canto più la; per le quali pa-

  1. I, li, quelli, accorciato dall’ille dei Latini. Vedi T. I. pag. 145. v. 78. E.