103Voi vigilate ne l’eterno die,
Sì che notte, nè sonno a voi non fura
Passo, che faccia ’l secul per suoe vie;
106Unde la mia risposta è con più cura,
Che m’intenda colui che di là piagne,
Perchè sia colpa e duol d’una misura.
109Non pur per opra de le rote magne,1
Che drizzan ciascun seme ad alcun fine,
Secondo che le stelle son compagne;
112Ma per larghezza di grazie divine,
Che sì alti vapor ànno a lor piova,2
Che nostre viste là non van vicine,
115Questi fu tal ne la sua vita nova
Virtualmente, ch’ogni abito destro
Fatto averebbe in lui mirabil pruova.3
118Ma tanto più maligno e più silvestro
Si fa ’l terren con mal seme e non colto,4
Quant’elli à più del buon vigor terrestro.
121Alcun tempo ’l sostenni col mio volto,
Mostrando li occhi giovanetti a lui,
Meco ’l menava in dritta parte volto.
124Sì tosto come in su la sollia fui
Di mia seconda etade, e mutai vita,
Questi si tolse a me, e dièsi altrui.
127Quando di carne a spirto era sallita,
E bellezza e virtù cresciuta m’era,
Fui io a lui men cara e men gradita:
- ↑ v. 109. C. A. per ovra delle
- ↑ v. 113. C. M. a lor prova,
- ↑ v. 117. Averebbe; voce naturale da avere, alla quale ora antimettesi
avrebbe. E.
- ↑ v. 119. C. A. col mal seme