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[v. 22-33] | c o m m e n t o | 61 |
bra de la mia figura che si vedeva dinansi, Che aveva: cioè la quale spera avea, in me; cioè Dante, de’ suoi raggi l’appoggio; cioè l’opponizione 1 de’ suoi raggi, che non trapassavano me. Io; cioè Dante, mi volsi da lato; cioè a vedere, se v’era Virgilio, con paura D’esser abbandonato; cioè da Virgilio, perch’io vedeva l’ombra mia, e non la sua, quando io; cioè Dante, vidi Sol dinanzi da me; e non dinansi a Virgilio, la terra scura; cioè per l’ombra mia e non per Virgilio che non facea ombra, perchè non avea se non corpo aereo.
C. III— v. 22-33. In questi quattro ternari lo nostro autore finge come Virgilio lo conforta e rende ragione, perchè lo corpo suo non fa ombra, dicendo così: E il mio Conforto; cioè Virgilio, che significa la ragione che sempre conforta la sensualità: Perchè pur diffidi, A dir mi cominciò; cioè a me Dante, tutto rivolto; perchè mellio Dante intendesse, Non credi tu; cioè Dante, me; cioè Virgilio, teco; s’intende, essere, e ch’io te guidi; come io t’abbo guidato in fine a qui? E rende la ragione perchè lo suo corpo non fa ombra, dicendo: Vesper; cioè sera, è già; cioè ora, colà, dov’è sepolto Lo corpo; cioè mio, dentro al quale io faceva ombra; cioè dentro al qual corpo la mia anima incorporata faceva ombra, come fai ora tu, Dante: Napoli l’à; cioè lo corpo mio: però che in Napoli è ora sepulto: Napoli è una città posta in Campagnia che confina con Lucania, tra le quali è termine lo fiume Siler, che prima si chiamava Partenope, e di Brandigi è tolto; dimostra qui Dante che Virgilio morisse a Brandigi ch’è una città di Calavria, e quive fue prima sepulto, poscia fue tolto quinde e portato a Napuli 2, e quivi è ora sepulto. E dice che ora v’era sera: però che Napuli è in questo emisperio, et ellino erano nell’altro, secondo che finge l’autore, et era a loro levato lo sole, sicchè in questo emisperio era tramonto, sicchè ben c’era sera allora. Ora, se inanzi a me nulla s’aombra; cioè se io sono trasparente e non adombro niuna cosa, Non ti meravilliar; tu, Dante, più che de’ cieli; li quali sono corpi trasparenti e diafani, Che l’uno; cioè cielo, all’altro; cioè cielo, raggio non ingombra; cioè non occupa, non impaccia lo raggio 3 del superiore cielo lo inferiore, sì che non passa giuso in fine a la terra, sì come si vede che li raggi de le stelle fisse e de le pianete passano giù e fanno l’operazione loro. Et anco si può intendere del raggio visuale nostro: però che ’l nostro occhio vede infine a l’ottava spera, dove sono le stelle fisse, benchè ci siano sette cieli in mezzo, a similitudine del vetro ch’è penetrato dal nostro raggio visuale; e così li cieli e così li corpi aerei, di che si vesteno l’anime, poi che si parteno dal corpo umano, sono tras-