22Et una melodia dolce correva
Per l’aire luminoso; unde buon zelo
Mi fe riprender l’ardimento d’Eva,
25Che là dove ubidia la terra il Cielo,1
Femina sola e pur testè formata,
Non sofferse di star sotto alcun velo;
28Sotto ’l qual, se devota fusse stata,
Avrei quelle ineffabili delizie2
Sentito prima, e più lunga fiata.3
31Mentre io m’andava tra tante primizie
De l’eterno piacer tutto sospeso,
E disioso ancor a più letizie,
34Dinanzi a noi tal, quale un foco acceso,
Ci si fe l’aire sotto i verdi rami,
E ’l dolce suon per canti era già inteso.
37O sacrosante Vergini, se fami,
Freddo o vigilie mai per voi soffersi,
Cagion mi sprona ch’io mercè vi chiami.
40Or convien ch’Elicona per me versi,
Et Urania m’aiuti col suo coro
Forte cosa a pensar, mettere ’n versi.4
43Poco più oltra sette arbori d’oro
Falsava nel parere il lungo tratto
Del mezzo, ch’era ancor tra noi e loro;
46Ma quando fui sì presso di lor fatto,
Che l’obietto comun, che ’l senso inganna,
Non perdea per distanzia alcun suo atto;
49La virtù, ch’a ragion discorso ammanna,
Sì com’elli eran candelabri apprese,
E ne le voci del cantare, Osanna.
- ↑ v. 25. C. A. ubbidia la terra e il Cielo,
- ↑ v. 29. C. A. Avria
- ↑ v. 30. C. A. Sentite prima, e poi lunga
- ↑ v. 42. C. A. cose a