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torno, sono giunte le varie stampe della Divina Comedia, che ci era egli bisogno di fornirne una nuova? E non bastava del Da Buti dare in luce il solo Commento? Se gli editori dell’attuale secolo, tranne quello di Londra (presso P. Rolandi 1842-1843, 4 vol. in 8.°) e pochissimi inoltre, non avessero quasi tutti l’uno ricopiato l’altro, punto o poco non si curando dei codici, ben camminerebbe la bisogna; ma noi ci siamo indotti a mandar fuori anche il testo per intero, arbitrando che senza il riscontro delle diverse lezioni si perverrà difficilmente a discernere quale più si approssimi al concetto del sovrano poeta. E a questo fine medesimo, oltre le varianti del codice magliabechiano segnate C. M., abbiamo pur quelle ell’antaldino C. A. riferite a piè di pagina; le quali ultime tralasciammo nella prima cantica, sperando che di giorno in giorno venisse in Italia stampato. Ora però che quel prezioso codice è stato acquistato in Inghilterra, temiamo che riusciranno vuote d’effetto le nostre speranze, e noi a tale ommissione sopperiremo, quelle più importanti riportando al termine del presente volume. D’un altra cosa eziandio vogliamo avvertiti i lettori, i quali, rinvenendo una certa differenza di grafia in questa cantica seconda, potrebbero sospettare o non forse l’avessimo alterata nella prima, o negletta in questa. Il che per fermo non si avvera in nissuna delle due: conciossiachè fedeli al proposito nostro che le scritture degli antichi (non tenendo in verun conto li sbagli dei copisti e di certe viete foggie di scrivere, come auctore, dimonstra, homo, Ioseph, scriptura, Statio, saxo, e simili che sole ci abbiamo arbitrato di ammodernare) si debbano tali e quali riprodurre, in tutte le parole del Commento