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c o m m e n t o |
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Matelda nel levare delli occhi, li quali erano ridenti et allegri; et anco di sopra dice: Ella ridea ec., che significa, come ditto fu, che la ragione e lo intelletto dei santi omini, che si esercitano in insegnare l’opere virtuose et in operar quelle, sempre stanno allegri. Cominciò ella; cioè Matelda, in questo luogo eletto All’umana natura per suo nido; cioè nel paradiso terresto, lo quale Iddio fece a l’omo per sua abitazione; et allegoricamente, in questo stato d’innocenzia, Meravilliando tienvi; cioè voi tiene, alcun sospetto; cioè del mio ridere; cioè avete forsi sospetto ch’io rida di voi, Ma luce rende il salmo Delectasti; cioè chiaressa rende lo salmo 89 del Saltero, che incomincia: Bonum est confiteri Domino, et psallere nomini tuo altissime, e seguita poi più giuso uno verso che dice: Quia delectasti me, Domine, in factura tua, et in operibus manuum tuarum exultabo. Nel quale salmo appare che David dica ch’elli si dilettava e rallegrava de l’opere di Dio, e così si rallegrava ora Matelda de la bellezza del paradiso e de lo stato de la innocenzia. Che; cioè la qual chiarezza, puote disnebbiar; cioè dichiarare e tolliere via lo sospetto, vostro intelletto; cioè di voi tre, cioè Dante, Virgilio e Stazio. Et è qui moralità; che ridere e rallegrarsi de la bellezza e bontà dell’opere di Dio è licito e conveniente, e piace a Dio. E tu, che se’ dinanzi; ora finge ch’ella dirissi lo sermone a lui, dicendo: e tu; cioè Dante, che; cioè lo quale, se’ dinanzi; alli altri due, e me pregasti; come appare di sopra, quando disse: Deh bella donna ec., di venire in verso te, Dì s’altro voi udir: cioè da me; e perchè dice altro, parrebbe che questo avesse addimandato di sapere: A chi ella àe risposto, e di sopra non appare ch’elli addimandasse? Et a questo si dè rispondere che Dante avea e li compagni suoi niente addimandato; ma ella s’accorse nelli atti ch’elli si meravilliavano, e l’omo si meravillia quando non sa le cagione, e però lo meravilliare è segno di volere sapere; e però ben dice: s’altro voi udir; da me tu, Dante, ch’io; cioè imperò che io Matelda, venni presta Ad ogni tua question, tanto che basti; ecco che si proferisce apparecchiata a solvere le suoe questioni; e per questo l’autore incitato muove uno dubbio ch’elli avea per lo ditto, ch’avea udito da Stazio, quando rendè ragione perchè tremava il monte, dicendo: L’acqua, diss’io; cioè Dante, l’acqua la quale io veggio in questo fiumicello, e ’l suon de la foresta; cioè lo suono ch’io sento tra le frondi, che pare suono di vento: questo due cose, Impugnan dentro a me; cioè Dante, novella fede; cioè combatteno nel mio cuore una nuova credenzia, ch’io avea nel cuore fermata, Di cosa ch’io; cioè la quale io Dante, udi’ contraria a questa; cioè quando di sopra disse Stazio nel canto xxi a Dante che niuna alterazione d’aire passava più su che ’l supremo dei tre scaloni che sono a la entrata del purgatorio; ora pare lo contrario e