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680 | p u r g a t o r i o x x v i i i . | [v. 76-87] |
sando come colse a Serse del suo orgollio, Più odio da Leandro; d’Abido che volea notare a Sesto, per andare ad Ero sua amante, non sofferse; cioè lo ditto mare non fu più odiato da Leandro, Per mareggiar tra Seston et Abido; cioè per ondeggiare che facea lo ditto mare tra le ditte terre, sicchè impedia Leandro che non potea passare, Che quel; cioè lo fiume Lete, da me; cioè Dante sofferse; et ecco la cagione, perch’allor; cioè perchè a quella ora, ne la quale la contessa Matelda mi ragguardò co li occhi sì amorosi, non s’aperse; cioè lo detto fiume Lete, come s’aperse lo mare rosso e ’l fiume Iordano a li Ebrei sì, ch’io avesse potuto passare a lei; e per questo dà ad intendere l’ardente desiderio che avea di passare a lo stato de la innocenzia e venire a la dottrina de la vita attiva, che imparasse le cose attive et in esse sè esercitasse. E qui finisce la prima lezione del canto xxviii, et incomincia la seconda.
Voi siete nuovi, ec. Questa è la seconda lezione del canto xxviii, ne la quale finge lo nostro autore come la donna ditta di sopra; cioè la dottrina de la Chiesa, ditta Matelda, li dichiara alcuno dubio non mosso da l’autore et offeriscesi apparecchiata a solvere ogni altro dubbio; unde Dante liene muove, et ella li solve. E dividesi questa lezione in cinque parti: imperò che prima finge come Matelda solve alcuno dubbio et incita Dante ad addimandare se d’altro dubita, unde1 elli muove dubbio; ne la seconda finge come Matelda incomincia a solvere li suoi dubbi, et incominciasi quive: Ond’ella: Io dicerò ec.; ne la terza finge come ella dichiara unde nasceno l’erbe e li arbori che vi sono, et incominciasi: Or perchè ’n circuito ec.; ne la quarta parte finge come ella dichiara unde vegnano li du’ fiumi che vi sono e come si chiamano, et incominciasi quive: L’acqua che vedi ec.; ne la quinta parte finge come, evagando nel dire, soiunse una corollaria2 conclusione, et incominciasi quive: Quelli ch’anticamente ec. Divisa adunqua la lezione, ora è da vedere lo testo co l’esposizioni allegoriche, o vero morali e co le testuali e letterali.
C. XXVIII — v. 76-87. In questi 4 ternari lo nostro autore finge come la donna ditta di sopra rende cagione del suo ridere a Dante et ai compagni; cioè Stazio e Virgilio, acciò che non si meravillino, dicendo così: Voi; cioè tu, Dante, e i compagni tuoi; cioè Virgilio e Stazio, siete nuovi; cioè di nuovo venuti a questo luogo: di nuovo era venuto l’autore da le virtù purgatorie a quelle dell’animo purgato, e prima a l’attive per le quali si viene a lo stato de la3 innocenzia, e forsi perch’io; cioè Matelda, rido; e questo ridere dimostrò