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p u r g a t o r i o x x v i i i . |
[v. 43-60] |
cuor d’entro, Vegniati vollia di traerti avanti; cioè in verso la sponda del fiume, Dissi io; cioè Dante, a lei; cioè a la donna ditta di sopra, cioè contessa Matelda, verso questa rivera; cioè inverso questa ripa del fiume, Tanto ch’io possa intender; cioè io Dante, che tu canti; cioè quello che tu canti. Tu mi fai rimembrar; cioè tu mi fai arricordare, dove e qual’era Proserpina; cioè la mollie di Plutone, nel tempo, che La madre; cioè Cerere, perdette lei; ed ella; cioè Proserpina, primavera; perdette, s’intende, cioè lo prato e la verdura ne la quale ella era a colliere fiori, quando Plutone la rapitte. Finge Ovidio, Metamorfosi nel libro x, che Proserpina filliuola di Cerere che era nominata iddia de la biada da’ Gentili, essendo giovanetta con altre1 suo compagne andando per uno prato in Sicilia colliendo fiori, Plutone che era scito de lo inferno, per vedere come stava la Sicilia che l’avea sentita tremare, avendo paura che non s’aprisse la terra e la luce andasse a l’infernali, vidde Proserpina; e, vedutola et innamoratosi di lei e toltala via, fu tutto insieme. Unde la madre Cerere l’andò poi cercando, e non la potette ritrovare, se non che Alfeo fiume, che va sotterra2 di Grecia in Delo e da Delo in Sicilia, li disse che l’avea veduta ne lo inferno mollie di Plutone. Come si volge co le piante strette A terra, et intra sè, donna che balli; ecco che fa una similitudine, dicendo che la ditta donna prestamente e leggiadramente si volse in verso lui di po’ lo suo prego, a similitudine d’una donna che balli, che si volge a pena levando li piè di terra, et a pena movendosi del luogo, E piede inanti piede a pena mette; cioè la donna, quando leggiadramente balla, Volsesi ’n su’ vermilli et in su’ gialli Fioretti verso me; cioè la ditta Matelda verso me Dante; e dice l’autore che li fiori erano, vermilli e gialli, per dare ad intendere che li esempli virtuosi, in su quali tegnano le loro affezioni le persone virtuose che sono date a le virtù attive, sono esempli che procedono da carità, infiammanti d’amore di Dio e del prossimo; e però finge che siano vermilli: e sono tutti puri e splendienti come è l’oro; e però finge che siano gialli, non altrimenti Che virgine che li occhi onesti avvalli; cioè cali giuso: imperò che onestà è d’una donna di calare li occhi a terra e non guardare li omini nel volto, E fece i preghi miei; cioè di me Dante, esser contenti: imperò che fe quello, di che io l’avea pregata, Sè appressando; cioè appressando sè a la riva del fiume, sì, che ’l dolce sono; cioè del canto suo, Venia a me coi suoi intendimenti; cioè sì ch’io Dante intendea lo canto suo; e per questo dà ad intendere che a lui avvenne grazia da Dio d’intendere quello, che si dè cantare a la loda di Dio e come si dè cantare.
- ↑ Suo; sue, usato qui pure invariato. E.
- ↑ C. M. va per sottoterra