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na sola, sensa compagnia, Cantando; cioè la ditta donna, et isciolgendo fior da fiore; cioè sciolgendo fiore alcuno tra li altri fiori; Onde: cioè dei quali fiori, era pinta tutta la sua via; cioè per la quale ella andava; e dèsi ora ritornare a la similitudine lassata; cioè, sì come ella appare Subitamente cosa; a la fantasia nostra, che disvia; cioè la quale leva via e tollie, Per meravillia; che appare per la subitessa, tutto altro pensare; che l’omo prima avea ne la mente, e così fece a me, dice l’autore, la ditta donna che apparve a la mia vista. Questa donna, che’l nostro autore figura apparita in questo luogo, si fu la contessa Matelda la quale fu filliuola de la contessa Beatrice filliuola de l’imperadore che stava in Costantinopuli; la quale Beatrice prese per suo sposo uno conte italiano che era ne la corte de l’imperadore, e con lui se ne venne in de le parti d’Italia; e saputo questo da lo imperadore, fu dotata di molte terre in Italia; cioè di Lombardia e di Toscana et in quelle di Roma. Et avvenne caso che, essendo a Pisa, passò de la presente vita e fu seppellita in una tomba che è di fuora de la chiesa maggiore, posta in alto nel muro da la parte che è inverso lo campanile, secondo che io m’abbo fatto mio pensieri; non affermo però che fusse intenzione de l’autore, nè che si possa provare per lo testo, come è stato ditto di sopra, se non che la chiama Matelda1; unde la detta contessa Matelda, per l’anima de la detta contessa Beatrice sua madre, donò a la chiesa di s. Piero da Roma le terre del patrimonio suo, et a la chiesa maggiore di Pisa diede ricca dote per 17 canonici, e 2 cappellani al battistero e per lo magisculo2, e molte altre e grande e belle elemosine fece ne la chiesa di Dio in diversi luoghi per la Lombardia e per la Toscana e per la Italia. E secondo ch’io trovo, visse casta: imperò che, benchè si maritasse ad uno barone de la Magna nominato Gulfo, o vero Guelfo, non iacette con lui, perch’elli per invidia fu ammaliato da uno suo consorto, e chi dice fratello, nominato Gebel, sicchè non potette mai usare con femina; e finalmente refiutato da la ditta contessa, ritornatosi ne la Magna, fu fatto avvenenare dal ditto suo consorto Gebel. Per la qual cosa si scoperse lo primo fallo, e l’uno e l’altro accese sì li baroni de la Magna e la detta contessa Matelda, che a vendicare questa enorme cosa concorseno li baroni de la Magna e de l’Italia, chi a vendicare e chi a difendere; e così allora si seminonno queste maladitte due parti ne l’Italia e ne la Magna; cioè Guelfi e Ghibellini, secondo che scrisse messere Ioanni Boccaccio sopra lo canto de la prima cantica; e però la ditta contessa

  1. M. Caetani, sincero amatore degli studi danteschi, à publicato un suo scritto dove mostra che la Matelda dell’Alligliieri non fu la Contessa di Canosa; ma la beata Matelda regina d’Alemagna, madre dell’imperadore Ottone, ed ava materna di Ugo Ciapetta. E.
  2. C. M. battesmo e per lo magiscuolo,