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c a n t o iii. | 57 |
130Or le bagna la pioggia e move il vento
Di fuor del regno, quasi lungo il Verde,
Dove le trasmutò al lume spento.
133Per lor maledizion sì non si perde,
Che non possa tornar l’eterno amore,
Mentre che la speranza à fior del verde.1
136Ver è che quale in contumacia muore
Di Santa Chiesa, ancor che al fin si penta,
Star li convien da questa ripa in fuore
139Per ogni tempo, ch’el fi’ stato, trenta,23
In sua presunzion, se tal dicreto4
Più corto per buon preghi non diventa.
142Vedi oggimai, se tu mi puoi far lieto,
Revelando a la mia buona Gostanza
Come m’ài visto, et anco sto divieto:5
145Che qui per quei di là molto s’avanza.
- ↑ v. 135. la speranza
- ↑ v. 139. C. A. ch’egli è stato,
- ↑ v. 139. Fi’, troncamento di fìe, sia, sarà, cavato dal latino fiam, fies ec. E.
- ↑ v. 140. C. M. decreto
- ↑ v. 144. C. A. esto
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C O M M E N T O
Avvegnaché la subitana fuga ec. Questo è lo canto terzo de la seconda cantica 1, nello quale lo nostro autore finge come pervenne con Virgilio a la prima grotta del monte; e, come in sul primo balso stando elli giuso a piè de la grotta, quelle anime che erano state negligenti che aveano indugiato la loro penitenzia alquanto, o in fine a la fine, stati contumaci contra la sentenzia del pastore de la chiesa, perchè sono stati scomunicati, per superbia stati alcuno tempo, o vero infine a l’ultimo, in contumacia de la santa chiesa. E di queste anime tratta in questo canto, e perchè questa 2 è più grave che l’altre: imperò che procede da superbia, però finge che sia punito in