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654 | p u r g a t o r i o x x v i i. | [v. 94-108] |
vedere fuora di quelle due pareti de la grotta: imperò ch’erano strette et alte su, sicchè pogo ne potea a noi apparere, Ma per quel pogo; cioè del Cielo, che n’apparia, vedev’io; cioè Dante, le stelle e più chiare e maggiori Di lor solere; cioè del loro usato: imperò ch’io era più presso al Cielo, e però le vedeva io maggiori. E per dare ad intendere la sua prossimansa al Cielo, però finse questo; e questa è l’ultima de le tre notti ch’elli finge che stesse nel purgatorio. A presso dimosterrà che si faccia di’, e col di’ quarto finge che cercasse lo paradiso terresto, e poi montasse ai cieli sempre col di’: imperò che da la Luna in su pogo fa ombra lo tondo de la terra, sì che sempre v’è di’.
C. XXVII — v. 91-108. In questi sei ternari lo nostro autore finge come s’addormentò, e nel sonno ebbe visione di quello che dovea vedere lo di’ quando fosse su montato, dicendo cosi: Sì ammirando; cioè meravilliandomi, come detto fu, di quelle stelle ch’io vedeva più chiare e maggiori ch’io non solea, e rimirando quelle; cioè stelle, rivedendole e ragguardandole da capo, Mi prese; cioè me Dante, il sonno: imperò ch’io m’addormentai, e ’l sogno; insieme col sonno: imperò ch’io sognai, che; cioè lo quale sogno, sovente; cioè spesso, sa le novelle; cioè arreca a la fantasia umana le cose, che di nuovo denno essere, Anti che ’l fatto sia; cioè inanti che sia l’effetto dimostra quello che dè essere; e descrive lo tempo, dicendo ch’era quando si leva la Diana stella, dicendo: Nell’ora, credo; io Dante, che dell’oriente; cioè ne la quale dall’oriente, Prima raggiò; cioè mandò prima raggio suo, nel monte; cioè del purgatorio, dove noi eravamo, Citerea; cioè lo pianeto che si chiama Venus in Grammatica et in vulgare stella Diana, che alcuno tempo dell’anno va inanti al Sole la mattina et allora si chiama Lucifer, et alcuno tempo la sera va di rieto al Sole et allora si chiama Hesperus, vei Vesper, come è stato ditto di sopra, e l’autore la chiama Citerea da Citero, monte nel quale ella è onorata; cioè Venus, come iddia, Che; cioè lo quale pianeta, par sempre ardente; cioè splendiente, quanto a la lettera, di foco d’amor; questo dice secondo li Astrologi che diceno che questo pianeto à a dare influenzia d’amore; e secondo allegorico intelletto finge che questa ora fusse, per mostrare che in lui dovea accendere amore de le virtù attive, e descrive lo sogno: Giovana e bella in sogno mi parea Donna veder andar per una landa; dice che li parea vedere andare per una via fiorita a modo d’uno bel prato una bella iovana, Colliendo fiori; per questa via1, ch’ella andava, e cantando dicea; e per questo dimostra che andava cantando: Sappia qualunqua il mio nome dimanda, Ch’io mi
- ↑ Per questa via, per ch’ella andava; vaga ellissi di nostra lingua. E.