[v. 49-63] |
c o m m e n t o |
651 |
dè fare a la fine del seculo, e la remunerazione che farà a li eletti invitandoli a vita eterna e chiamandoli seco, dicendo: Venite, benedicti patris mei, possidere regnum quod paratum est ec.; la quale considerazione farebbe ogni uno portare ogni penitenzia pazientemente e con dolcezza, e campare d’ogni tentazione. E finge che la canti l’angiulo, che significa qui la grazia di Dio illuminante, che spira tali pensieri santi ne le menti umane, e però dice: Sonò dentro ad un lume; cioè uno angiulo, secondo la lettera; allegoricamente è esposto, che; cioè lo quale, lì; cioè quive, era; cioè a la ditta scala, Tal; cioè sì fatto nel suo splendore, che mi vinse; cioè la mia vista delli occhi per lo grande splendore, e guardar nol potei; perchè la virtù visiva venne meno; questo è stato esposto di sopra assai volte. Lo Sol sen va, soggiunge; cioè questo angiulo, poi che à ditto le parole de l’Evangelio, ammonisce de la sollicitudine, dicendo che ’l di’ se ne va, e vien la sera; lo di’ è lo tempo de la grazia, quando noi siamo in questa vita dove c’è dato di potere meritare co le buone operazione, e la notte è lo tempo di po’ la morte: quando non sono di merito le nostre operazioni sono di sodisfacimento; ma non di merito l’opere dell’anime che sono in purgatorio, se non in quanto meritasseno per li atti meritori fatti prima ne la vita; e però àe finto l’autore che di notte non si possa montare da quelli del purgatorio; ma sì di di’: imperò che sono da non potere più crescere in merito; e però si dimostra che intese di quelli del mondo, che co la grazia di Dio possano crescere in virtù, e sensa essa non possano crescere. E perchè questa è l’ultima notte che Dante è albergato in purgatorio, secondo la sua fizione, debbiamo notare che quattro di’ e tre notti stette Dante a cercare lo purgatorio e lo paradiso terresto; lo primo di’ si dimostra nel canto che incomincia: Già era il Sol a l’orizonte giunto, canto ii; lo secondo si dimostra quando dice: La concubina di Titon antico, canto ix; lo terso di’ si dimostra quando dice: Su mi levai e tutti eran già pieni Dell’alto di’ i giron del santo monte, Et andavam col Sol nuovo ec., canto xix; lo quarto di’ si dimostra: E già per li splendori antelucani ec., et in altre parti di questo xxvii canto e nel xxviii; e questo ultimo di’ de quattro li vastò a vedere e cercare lo paradiso terresto; e de la notte di questo di’ non fa menzione, come appare nel processo, e però finge che, approssimandosi la tersa notte, si dimostra come l’angiulo li sollicita, dicendo: Non v’arrestate; ma studiate ’l passo; voi tre, che venite per sallire, Mentre che l’occidente non s’annera; e per questo dimostra che fusse in su la sera: imperò che quando lo Sole è compiuto d’ire sotto l’orizonte, allora s’abbuia l’occidente: imperò che, fatto sera et appiattato lo Sole, non potrebbeno montare, come è stato ditto di sopra nelli altri luoghi, dove s’è toccato de la notte.