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poi che Stazio s’adiunse a loro: imperò che per la materia passata era mistieri che la ragione e lo intelletto guidasseno la sensualità; ora in questa materia era bisogno che la ragione guidasse la sensualità, e lo intelletto la sollicitasse e confortasse ad uscirne fuora sensa offensione.
C. XXVII — v. 49-63. In questi cinque ternari finge lo nostro autore come elli si1 misse di rieto a Virgilio a passare la fiamma seguendo, poi Stazio, dicendo così: Sì com fui dentro; cioè altresì tosto come fui intrato ne la fiamma, in un bolliente vetro Gittato mi serei per rinfrescarmi; a dimostrare lo smisurato ardore di quella fiamma, dice che si serebbe gittato nel vetro bollente ne la fornace per rinfrescarsi, reputando quello fresco per rispetto di quella fiamma; et è qui superlativo colore retorico. Ecco che rende la ragione: Tant’era ivi; cioè in quella fiamma, lo incendio; cioè l’arsura, senza metro; cioè sensa misura. Lo dolce Padre mio; cioè Virgilio, per confortarmi; cioè me Dante, Pur di Beatrice; de la quale io era fortemente inamorato, ragionando andava; acciò che con quello desiderio mi facesse paziente de l’ardore: veramente a vincere lo incendio de la carne è salutifero rimedio parlare e ragionare de la santa Teologia, che ci fa inamorare di Dio e vincere ogni tentazione, Dicendo: Li occhi suoi già veder parmi. Finge che Virgilio per confortarlo dicesse fra l’altre cose: Già mi par vedere li occhi di Beatrice: li occhi di Beatrcie sono le ragioni sottilissime et efficacissime e l’intelletti sottilissimi, che ànno avuto li Teologi in considerare e contemplare Iddio et insegnare a considerarlo e contemplarlo: e come li occhi sono la parte del corpo de la donna che è più attrattiva ad amare; così questa parte de la Teologia è quella che più tira l’omo ad amore di tale scienzia. Guidavaci; cioè noi tre, Virgilio, me e Stazio, una voce; cioè la voce de l’angiulo, che era di là da la fiamma a la scala che si monta, secondo la lettera; a la qual voce noi dirissavamo li nostri passi, che; cioè la quale, cantava Di là; cioè da lato de la ripa, e noi; cioè ditti di sopra, attenti pur a lei; cioè a quella voce, venimmo infin là ove si montava; cioè infin a la scala, per la qual si montava al paradiso terrestro. Venite, benedicti patris mei; questo è quello che finge che cantasse la ditta voce, che è scritto ne l’evangelio di s. Matteo dove si tratta de l’iudicio ne lo v capitolo; e questa è quella voce che finge che li guidasse tutti e tre, dove assai chiaramente mostra l’autore quel ch’ell’intese per Virgilio; cioè la sua ragione, e per Stazio lo suo intelletto, e per sè la sua sensualità; e l’udire di questa voce fu la considerazione ch’elli ebbe dell’ultima esaminazione che Cristo iustissimo iudice
- ↑ Misse; voce del perfetto, nata dall’antico passato dei Latini missi. E.