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c o m m e n t o |
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coltello di Piramo e sè uccise a lato a lui; unde poi li parenti trovato questo, li fenno insieme in uno sepolcro sotterrare. E però facendo l’autore similitudine di sè a Piramo, dice queste parole: Quando io ebbi udito nominare Beatrice, io mi volsi a fare ciò che volea Virgilio, come aperse li occhi Piramo quando uditte dire: La tua Tisbe chiama te, Piramo, rispondemi. E però dice: Come al nome di Tisbe; udito da Piramo, aperse il cillio Piramo in su la morte: cillio è la pelle che cuopre l’occhio dove sono le lappule, e chiamasi cillio perchè spesso si muove; in su la morte, dice per ch’era presso a morire, e ragguardolla; cioè lei, cioè et avvisò Tisbe, Allor che ’l gelso diventò vermillio; che prima le gelse facea bianche: questo è fizione poetica; ma l’altro tutto fu vero, et è istoria. Così; ecco che adatta la similitudine, la mia durezza fatta solla; cioè molle diventata, cioè poi che fu diventata molle al nome di Beatrice, come la duressa di Piramo che era in su la morte al nome di Tisbe, Mi volsi al savio Duca; cioè a Virgilio io Dante, udendo il nome; cioè di Beatrice, come si volse Piramo udendo il nome di Tisbe ad aprire l’occhio per vederla, Che sempre ne la mente mi rampolla; cioè lo qual nome di Beatrice sempre ne la mente mia si rinnuova: però che quanto più l’odo ricordare, tanto maggiore desiderio di lei mi cresce, Ond’ei; cioè onde elli, cioè Virgilio, crollò la fronte; cioè menò lo capo; e ponsi la parte per lo tutto, per quel colore di Retorica che si chiama intelletto, e disse: Come Volenci star di qua; e non passare? E questo finge l’autore che Virgilio dicesse, tentandolo. Indi sorrise; cioè di po’ le ditte parole fece bocca da ridere; come se1 dicesse: Or t’ò io pur iunto, Com’al fanciul si fa; cioè si sorride, che; cioè lo quale, è giunto al pome; chiama la madre lo fanciullino che li vuole lavare lo capo, elli non vi vuole andare; ella li mostra la mela o ’l fico, e dice: Vien per questo fico. Elli vinto del piacimento del pomo vi va; und’ella, sorridendo il prende, e dice: Or se’ tu iunto, e menalo dove vuole; e così dice che fece Virgilio a lui. Poi; cioè ditte le parole preditte, dentro al fuoco; cioè a la fiamma ditta di sopra, inanzi mi si mise; cioè inanti a me Dante, per guidarmi, Pregando Stazio che venisse dietro; acciò che io fusse in mezzo, e non mi lassasse tornare a rieto per ch’io volesse. Questo finge a denotare che la ragione guidava la sensualità, e lo intelletto la sollicitava a passare per lo incendio de la lussuria con contrizione del peccato commesso per sì fatto modo, che la sensualità compiesse la sua penitenzia sensa lesione. Che; cioè lo quale Stazio, pria; cioè prima, per lunga strada; cioè per lunga via, ci divise: imperò che tutta via infine a quive era ito Virgilio inanti, e poi Stazio, e poi seguitando Dante
- ↑ C. M. dicesse: Io ora t’ò pur giunto,