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p u r g a t o r i o x x v i i. |
[v. 19-33] |
finge come la sua guida; cioè Virgilio, lo confortò del passare la fiamma; e com’elli stava pure pertinace, dicendo cosi: Volsersi verso me; cioè Dante, le buone scorte; cioè Virgilio e Stazio, secondo la lettera; secondo l’allegoria, la ragione e lo intelletto, le quali du’ sono le milliori scorte che siano. E Virgilio mi disse; cioè a me Dante. Ecco che finge che parli Virgilio e non Stazio: imperò che la ragione dimostra che l’anima non può morire separata dal corpo: imperò che coniunta col corpo non muore, benchè si separi; ma ben può sostener tormento miraculosamente; la qual cosa anco dimostra la ragione, che tiene che Iddio è onnipotente. Filliuol mio; chiama Dante filliuolo: imperò che la sensualità è filliuola de la ragione quando obedisce la ragione, Qui può esser tormento; cioè in questa fiamma, ma non morte: imperò che l’anima non può morire; ma parlando di quelli del mondo, li quali denno intrare ne la fiamma de la contrizione volendosi liberare di tal peccato, è vera la1 smania che in tale ardore senteno dolore per l’afflizione che si danno, venendo da fervente carità de la virtù; ma non morte: imperò che di quinci si vince la morte eterna e guadagnasi la vita. Ricordati, ricordati...; questo colore si chiama conduplicazione, che si fa per cagione d’accrescere; e però per accrescere lo conforto, dice du’ volte che si ricordi, et argomenta da le cose passate, dicendo: se io; cioè Virgilio, Sovr’esso Gerion; questo Gerion è uno mostro, lo quale l’autore finse essere ne lo inferno, nel canto xvii, che significa la fraude, come quive convenientemente è esposto, in sul quale montò Virgilio in verso la coda e fece montare Dante in su le spalle, e desceseno in su quella fiera del cerchio vii ne lo viii, e non sensa grande misterio fece questa fizione sì, come quive appare; e però dice: ti guidai salvo; sicchè Gerion co la sua coda non ti potette pungere, che io stetti in mezzo e venniti allora di rieto sì, che la fraude non ti potesse nuocere descendendo a trattare d’essa; e così ora io t’anderò inanti e farò che questa fiamma non ti potrà nuocere; e questo dice allegoricamente: imperò che intrare a trattare de la lussuria è intrare ne la fiamma e ne l’arsura, e se la ragione non va inanti guidata da la grazia di Dio, ella incenderebbe la sensualità et arderebbe; ma la ragione, guidata da la Grazia Divina et aiutata, guida la sensualità senza morte; ma non senza pena: sente bene l’omo pene ne la battallia de la tentazione; ma non morte; cioè corrumpimento, se la ragione va inanti; et è in questo peccato bisogno che la ragione vada innanti: imperò che, se non osta ai princìpi, lo rimedio viene poi tardi, Che farò ora; io Virgilio: via mellio ti guiderò e più siguramente; ecco la ragione: presso più a Dio? Quanto
- ↑ C. M. la sentenzia che in tale