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[v. 1-18] | c o m m e n t o | 643 |
era anco alto di là dall’orizonte nostro orientale; così era di qua Libra ancora dall’orizonte occidentale, E l’onde in Gange: Gange è quil fiume che la santa Scrittura chiama1 Fison, che entra ne l’oceano in verso lo nostro oriente, e però si dè intendere2 Gange; cioè quil fiume cadendo, E l’onde; cioè del mare oceano orientale, riarse di novo: imperò che quive allora di nuovo lo Sole scaldava e riardeva lo mare oceano, nel quale cade Gange nel nostro oriente; e però ben seguita: Si stava il Sole; onde ’l giorno; cioè per la qual cosa lo giorno, sen giva; cioè se n’andava dall’emisperio nel quale io era allora, Come; cioè quando, l’Angel di Dio lieto ci apparse; cioè ci apparitte a me Dante et ai miei3 duttori. Fuor de la fiamma stava; cioè l’angiulo, in su la riva; unde noi andavamo, E cantava: Beati mundo corde; finge l’autore che l’angiulo, a conforto di quelli che sono purgati del vizio de la lussuria, cantasse quella parola che è scritta nell’Evangelio; cioè: Beati mundo corde, quoniam ipsi Deum videbunt: imperò che Dante, purgato di tutti li setti peccati mortali, sallito nel paradiso terrestro, dovea vedere Cristo sì, come li mondi del cuore che vedranno Iddio, secondo che dice l’Evangelio, In voce assai più che la nostra viva: imperò che la voce angelica è più viva che l’umana. Possa Ci disse; cioè quello angiulo a noi di sopra nominato, come; cioè quando, noi li fummo presso; cioè al ditto angiulo: Più non si va; ecco quil che ci disse, Anime sante; cioè chiamando noi anime sante, se pria non morde il foco; cioè questa fiamma colui che vuole andare più su. intrate in esso; cioè nel fuoco, disse lo ditto angiulo a noi, Et al cantar di là non siate sorde; cioè siate attente ad udire quel canto, che udirete di là da la fiamma. Per ch’io; cioè per la qual cosa io Dante, divenni tal; cioè diventai sì fatto, quando io lo intesi; cioè ch’io dovea intrare ne la fiamma, e che mi vi convenia intrare s’io volea montare suso, Qual è colui; cioè sì morto e pallido per la paura, come è colui che è morto; e però dice, che; cioè lo quale, ne la fossa è messo; per sotterrare. In su le man commesse, cioè avvinghiate insieme, come fa l’omo per dolore, mi protesi; cioè mi stesi, dicendo nel mio animo: Or come v’entrerò io? Guardando il fuoco; come guarda l’omo la cosa, di che elli à paura, e immaginando forte; cioè pensando ne la mia imaginazione, Umani corpi già veduti accesi; li quali mi parea tutta via vedere, e così imaginava che dovesse diventare io, e però m’intrava paura.
C. XXVII — v. 19-33. In questi cinque ternari lo nostro autore