103Per piacermi a lo specchio qui m’adorno;
Ma mia suora Rachel mai non si smaga
Dal suo ammirallio, e siede tutto giorno.
106Ell’è coi suo’ belli occhi veder vaga,1
Com’io de l’adornarmi co le mani:2
Lei lo vedere, e me l’ornare appaga.3
109E già per li splendori antelucani,
Che tanto ai peregrin surgen più grati,4
Quanto tornando albergan men lontani,
112Le tenebre fuggian da tutti lati,
E ’l sonno mio con esse; ond’io leva’mi,5
Veggiendo i gran Maestri già levati.
115Quel dolce pomo, che per tanti rami6
Cercando va la cura de’ mortali,
Oggi porrà in pace le tuo’ fami.
118Virgilio verso me queste cotali
Parole usò; e mai non funno strenne,
Che fosser di piacer a queste eguali.
121Tanto voler sopra voler mi venne
Dell’esser su, ch’a ogni passo poi
Al volo mi sentia crescer le penne.
124Come la scala tutta sotto noi
Fu corsa, e fummo sul grado superno,
In me ficcò Virgilio li occhi suoi,
127E disse: Il temporal foco e l’eterno
Veduto ài, fìllio, e se venuto in parte,
Dov’io per me più oltre non discerno.
- ↑ v. 106 C. A. è de’ suoi begli
- ↑ v. 107. C. A. dell’adornarmi con le
- ↑ v. 108. C. A. Lei il vedere,
- ↑ v. 110. C. A. pellegrin surgon
- ↑ v. 113. Leva’mi; levaimi, ove l’i soppresso viene indicato dall’apostrofo, come in rife’mi Purg. c. xii v. 7, e in pente’mi c. xxii v. 44. E.
- ↑ v. 115. C. A. pome,