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   634 p u r g a t o r i o   x x v i. [v. 136-148]

parlare meco, disparve per lo fuoco; sì ch’io nol viddi più, Come per per acqua il pescio andando al fondo; ecco che adduce propria similitudine: l’acqua è trasparente sicchè si vede in essa quil che v’è; e così la fiamma del fuoco è trasparente che si vede in essa quil che v’è; e come lo pescio non si vede per lo profondarsi ne l’acqua, così quell’anima per lo profondarsi ne la fiamma. E per questo dà ad intendere che uscitte de la fantasia sua, perchè s’apparecchiava a dire d’altro.

C. XXVI — v. 136-148. In questi quattro ternari et uno versetto finge l’autore come venne a parlamento con messere Arnaldo di Francia, del quale fece menzione di sopra quando finse che il mostrò messere Guido, dicendo: Io; cioè Dante, mi fei al mostrato: cioè a messere Arnaldo, inanzi un poco: imperò ch’era più inanti quanto al luogo, secondo la lettera; e quanto al trattato, secondo l’allegorico intelletto, E dissi; io Dante al ditto messere Arnaldo, che al suo nome; cioè da esser notato nel mio poema sì, come di notabile e famosa persona, il mio disir; cioè lo mio desiderio, Apparecchiava grazioso loco; cioè laudabile e piacevile: imperò che dovea dire bene di lui, dicendo ch’elli era in grazia di Dio, che era in purgatorio. El; cioè messere Arnaldo, cominciò liberamente a dir; sens’aspettar altro prego: Tan; cioè sì, m’abelhis; cioè mi piace, o mi diletta, vostre cortes deman; cioè vostra cortese dimanda, Qu’ieu m, cioè ch’io me, no puesc; non posso, ni vueilh; cioè nè vollio, a vos cobrir; cioè a voi celarlo; cioè lo nome mio. Ieu; cioè io, sui; cioè sono, Arnautz; cioè Arnaldo1, que; cioè lo quale, plor; cioè piango, e vai cantan; cioè vado cantando, come à ditto l’autore di sopra che li ditti spiriti andavano piangendo e cantando per lo fuoco; et assegna la cagione perchè piange, quando dice: Consiros; cioè considero io, vei la passada falor; cioè lo vecchio passato fallo, nel quale io caddi nel mondo, e però piango io per contrizione del mio peccato, E vei jauzen; cioè vado godendo; e questo è la cagione del canto, le joi: cioè per le gioie e diletti, que sper danan; cioè che speransa mi dona: imperò ch’io sono in speransa d’aver vita eterna, e questa è la cagione per ch’io canto nel fuoco ardendo tanto; è la dolcessa de la speransa. Ancora potrebbe dire lo testo, le ior; cioè per lo giorno ch’io aspetto; e però dice che speransa mi dona; cioè vita eterna u’è sempre di’ et inanti non v’è notte: però che quive sempre risplende lo vero Sole; cioè Iddio, sicchè sempre v’è chiaressa. Ara; cioè ora, us prec; cioè prego voi, per aquella valor; cioè per quello valore; cioè grazia di Dio, Que; cioè lo quale, us guia; cioè voi guida o conduce, al som; cioè al sommo, d’estes; cioè di questa,

  1. Arnaldo Daniello famoso trovatore. E.