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   620 p u r g a t o r i o   x x v i. [v. 13-24]

che tornava in rosso all’ombra mia. Vidd’io; cioè Dante, molte ombre, andando; cioè mentre che andavano a la lor via per lo fuoco, poner mente; cioè all’ombra mia et a me. Questa fu la cagion; cioè del colore del fuoco e dell’ombra mia, che; cioè la quale cagione, diede inizio; cioè principio, Lor; cioè a quelle anime, ch’erano nel fuoco, a parlar di me; cioè di me Dante, e cominciarsi A dir; cioè tra loro: Colui; cioè dimostrando me Dante, non par corpo fittizio; cioè fitto et apparente come è lo nostro aereo; ma pare vero corpo di carne e d’ossa: imperò che fa ombra ai raggi del Sole, e i nostri non fanno ombra, perchè sono trasparenti. Et è qui da notare: con ciò sia cosa che di sopra abbia fitto1 che i corpi aerei dell’anime sieno visibili e demostrativi de le passioni che sono nell’anima, perchè finge che siano trasparenti ai raggi del Sole, sicchè non fanno ombra? A che si può rispondere che l’autore finge questo, per conservare la natura dell’aire, e mostrare che non sia mutato2 come l’aire è ricettivo dei colori e dimostrativo; così finge che sia recettivo da le passioni dell’anime e3 dimirantivo de’ colori e sia trasparente, come elli è di sua natura, e però non faccia ombra.

C. XXVI — v. 13-24. In questi quattro ternari finge lo nostro autore come quelle anime, che andavano per la fiamma, s’accostonno in ver lui e dimandòlo chi elli era, dicendo: Poi; cioè che le ditte anime4 abbeno ragguardato me, Certi si fecen; cioè di quelli spiriti certi si feceno, verso me; Dante, quanto potean farsi; sicchè non scisseno del fuoco; e però dice: sempre con riguardo Di non uscir unde non fusseno arsi; cioè de la fiamma; e questo finge, per mostrare che avesseno cura di non rompere la loro penitenzia. O tu che vai; ora introduce a parlare alcuna de le ditte anime, la quale disse a lui: O tu; cioè Dante, che; cioè lo quale, vai per non esser più tardo; cioè non perchè tu sii più tardo e negligente, che li altri du’ che ti vanno inansi, dopo alli altri; cioè di rieto alli altri du’, che vanno inanti, Ma forsi per esser riverente; cioè per fare e mostrare riverenzia a loro, che forsi sono persone da essere riverite; e questo finge, per mostrare moralità, che ’l minore dè riverire lo maggiore in tutti li atti andando e stando, e l’andare di rieto mostra riverenzia: imperò che mostra l’omo essere guidato da colui che va inanti, e che abbia a seguitare la volontà sua; e se altri ostasse: Perchè ai signori si va inanti da’ familli? Dèsi rispondere che ai signori si va inanti da coloro che ànno a servire, per cessare l’impedimenti e li nocimenti se avvenisseno; et anco ànno

  1. C. M. finto
  2. C. M. mutata
  3. C. M. dimostrativo
  4. Abbeno; terza persona plurale del perfetto, derivata dalla terza singolare abbe, unitovi no; e codesta proviene dall’habuit latino, raddoppiatoci il b acciocchè non si confondesse coll’abe, voce originale del presente. E.