Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
[v. 100-108] | c o m m e n t o | 607 |
zione del dubbio, dicendo: Però che quinde; cioè da la forma corporea aerea, à possa sua paruta; cioè sua apparenzia lo spirito, e l’anima separata dal corpo carneo, È chiamata ombra: imperò che, come l’ombra appare et è impalpabile; così l’anima appare in quil corpo aereo et è impalpabile; e per questo fingeano li Poeti che l’ombre di tutti li animali, che erano nel mondo, fusseno ancora appo l’infernali: imperò che ogni corpo fa impressione nell’aire, e però fingeano che se l’anime andavano in celo, la impressione corporale nell’aire andava a l’infernali, e quinde; cioè e di sì fatta materia aerea, organa poi; cioè forma poi l’anima li organi; cioè li strumenti, Ciascun sentir; cioè ciascuno sentire, infine a la veduta; cioè infine alli occhi che sono organo visuale. E così dice che l’anima forma in quello corpo aereo tutti li sentimenti e li organi loro; ma non li organi vegetativi, come è stomaco ec., che non si chiamano organi; ma membri vitali: però che non li sono bisogno. Quindi; cioè da quelli organi dei sentimenti così formati, come ditto è, parliamo; cioè noi anime, e quinde; cioè da quelli organi, ridiam noi; cioè anime separate dal corpo, Quinde; cioè con sì fatti organi, e da sì fatti organi, facciam le lagrime e i sospiri; cioè noi anime, Che; cioè le quali, per lo monte; cioè del purgatorio, aver sentito puoi; cioè tu, Dante. Segondo che ci affigono i disiri; cioè li desideri affiggeno noi anime, E li altri affetti; cioè desideri, o vero azioni o vero passioni de le cose presenti; e disiri s’intende de le cose assenti e questi stanno nell’anima, e però dice: l’ombra si figura; cioè si mostra e varia sua paruta, secondo che si mutano li desideri e li affetti dell’anima, E quest’è; ecco che conchiude la soluzione del dubbio; cioè come si possano quelle1 ombre fare magre ne le loro apparenzie: imperò ch’elle si figurano secondo li desideri et affetti che sono nell’anima2: è lo desiderio d’avere fatto astinenzia, come li omini di santa vita che non anno se non lo bucchio e l’osso, e così si figurano quelle ombre; e però dice: E quest’è; cioè e questa è, la cagion di che; cioè de la quale, t’ammiri; cioè ti meravilli; e così è soluto lo dubbio. Et è qui da notare che questa fizione è stata necessaria a l’autore, per fare verisimile lo suo poema nel quale àe fitto3 l’anime parlare, ridere, piangere, cantare, e così dell’altre passioni che àe ditto nel processo suo; e benchè questa sia stata opinione d’alquanti, non è approvata4 dai santi; ma tegnano che miraculosamente Iddio faccia l’anime passibile5 dei tormenti, richiedente questo la sua iustizia.
C. XXV — v. 109-120. In questi quattro ternari lo nostro autore