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c o m m e n t o |
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lo dolce pomo a tutta gente nega, per cui ciascun man piega ec. Et adiunge l’autore che parole fusse loro ditto di su l’arbaro; cioè: Trapassate oltra; diceva la voce a Dante et a le suoe guide, senza farvi presso; cioè a questo arbore: imperò che non è ancora tempo che doviate avere li du’ di questo pomo; nè ’l terso, cioè Virgilio, mai. Legno; cioè uno arbaro, è più su; cioè nel paradiso delitiarum, che è più su che questi du’ balsi, che fu morso da Eva; cioè fu mangiato da la nostra prima madre contra ’l comandamento di Dio, lo quale si chiama lo legno1 de la scienzia del bene e del male, E questa pianta si levò da esso; ecco che l’autore finge che la voce dica questo, per fare verisimile la sua fizione; che li arbori che finge essere in questo giro siano di quella schiatta: imperò che da quello nacque lo peccato de la gola propriamente, e tutti li altri consequentemente. Sì; cioè sì fatto parlare, tra le frasche; cioè del detto arbore, non so chi ’l diceva; cioè pur diceva le parole ditte di sopra una voce che era tra le fronde del ditto arbaro; ma non so che voce si fusse, Per che; cioè per la qual cosa, Virgilio, Stazio et io; cioè Dante, stretti; inverso la sponda del girone, scostati dall’arbaro, Oltre andavam; al nostro cammino, dal lato che si leva; cioè del lato che taceva lo ditto arbaro; cioè dal lato dove non era la voce. Ricordivi2, un dicea, de’ maladetti; et andando oltra finge che udisse una voce che diceva esempli dissuasori del peccato de la gola, e però dice: Uno dicea: Ricordivi de’ maladetti Ne’ nuvuli formati; cioè dei Centuari li quali nacquero di Issione re de’ Lapiti e de la Nuvula, quando elli, che era camerario di Giunone, richiese Giunone d’amore et ella li apparecchiò la Nuvula in sua specie, e di quella Nube generò li Centauri, li quali funo ditti mezzi omini e mezzi cavalli. E questa fizione inteseno li Poeti in questo modo; cioè che Issione volse coniungersi con Giunone; cioè col regno: chè Giunone è ditta dia dei regni e de le ricchesse, ella li apparecchiò la nube; cioè li beni temporali che sono nube che appaiano quil che non sono, e di quelli generò li Centauri, cioè cento cavalieri, li quali andavano a cavallo discorrendo le parti vicine e vincendole e subiugandole ad Issione; e perchè erano grudeli omini, funno ditti mezzi omini e mezzi cavalli, et anco perchè funno li primi che fusseno veduti a cavallo da lunga, veduti dare3 bere ai cavalli nel fiume funno veduti li
- ↑ Nella Città di Dio lib. xiii c. 21. sta scritto come il legno della scienza del bene e del male possa accennare il proprio arbitrio della volontà. E.
- ↑ Ricordivi; la mente o memoria ricordi a voi. I giovanetti non lascino inosservati questi bei modi ellittici della nostra lingua. E.
- ↑ Dare bere è maniera che s’incontra frequente nei nostri Classici, ove non senza una cotale vaghezza è tralasciata la particella a o da indicante il termine o la derivazione di forma. E.