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580 | p u r g a t o r i o x x i v. | [v. 94-111] |
quanto più tosto si compie la penitenzia, tanto più tosto si va a godere, sì, ch’io; cioè Forese, perdo troppo; cioè tempo, Venendo teco; cioè con te Dante, sì a paro a paro; cioè sì a pogo a pogo. Questa è fizione poetica per confirmazione de la lettera; e qui finisce la prima lezione del canto xxiv, et incomincia la seconda.
Qual esce alcuna volta ec.; Questa è la seconda lezione del xxiv canto, ne la quale l’autore finge come Forese si partì da lui et andò oltra al suo cammino; e come venneno a l’altro arboro; e come uditte voci dissuasorie del peccato de la gola; e, come passati oltra, l’angiulo l’inviò a montare al settimo girone et ultimo. E dividesi questa lezione in quattro parti: imperò che prima finge come Forese si partì da lui et andò a l’altro arboro che era per lo modo che ’l primo ne la via, e non si lassava adiungere ai suoi pomi da la gente che passava; ne la seconda finge come elli e la sua compagnia iunseno all’arboro et uditteno certe voci, et incominciasi quive: Poi si partì ec.; ne la tersa finge come apparve loro l’angiulo e dimostra loro lo cammino, et incorniciasi quive: Poi, rallargati ec.; ne la quarta finge descrivendo come era fatto quello angiulo, e come lo liberò et assolveo dal peccato de la gola, et incomincia quive: L’aspetto suo ec. Divisa adunqua la lezione, ora è da vedere l’esposizione litterale, allegorica, o vero morale.
C. XXIV — v. 94-111. In questi sei ternari lo nostro autore finge come Forese si partì da lui; e come, ragguardandosi in anti, di rieto a Forese vidde un altro arbaro fatto, come quello ch’avea trovato prima; e come l’anime vi stavano sotto e pregavano l’arboro che desse loro dei suoi pomi; ma l’alboro si inalsava sì, che aiunger non vi poteano, dicendo così: Qual esce alcuna volta di gualoppo Lo cavalier di schiera che; cioè la quale schiera, cavalchi; cioè vada a qualche meschia; ecco che fa una similitudine che, come quando la schiera, cavalca; ad alcuno stormo alcuna volta, alcuno cavalieri desideroso d’onore esce de la schiera e va gualoppando lo cavallo, per iungere innanti alli altri per farsi onore; e però dice: E va per farsi onor del primo intoppo; cioè del primo incontro coi nimici, Tal si partì da noi; cioè Forese da me Dante, e da le mie guide, con maggior valchi; cioè con maggiori passi che non andavamo noi; e così adatta la similitudine posta di sopra del cavallieri, che esce gualoppando di schiera, a Forese che escì da me e da la mia guida con maggior passi, andò inanti. Et io; cioè Dante, rimasi in via con essi due; cioè con quelli due, cioè Virgilio e Stazio, Che fur del mondo sì gran mariscalchi; cioè sì grandi governatori del mondo, dimostrando ne li loro poemati li costumi del mondo: mariscalco1
- ↑ Mariscalco; ora maresciallo, proviene dal mariscalcus della bassa latinità, nato dal germanico march o marach, cavallo, e scalch, potente, maestro, ministro. E. — C. M. maliscalco