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578 | p u r g a t o r i o x x i v. | [v. 76-93] |
man ritta, come andavano prima, raffretta ’l suo passo: per ristorare lo stallo ch’aveano fatto, E per magrezza e per voler leggiera: due cose assegna de la leggeressa cagioni; cioè la magressa e la volontà di fare la loro penitenzia. Et ora induce un’altra similitudine, cioè: E come l’om che; cioè lo quale, di trottar è lasso; cioè è stanco, Lassa andar li compagni; oltra inanti, e si passeggia; cioè va a spasso, Fin che si sfoga l’affollar; cioè lo battere e l’ansiare del polmone, del casso; cioè del luogo voito del corpo umano dove sono le intestina, lo quale si chiama casso; cioè lo luogo voito, a differenzia de la coscia e de la natica, che è tutta piena, Sì; ecco che adatta la similitudine; cioè per sì fatto modo, lassò trapassar la santa greggia; cioè la santa congregazione di quelle anime che si possano dire sante, perchè sono in grazia, Forese; del quale è stato ditto di sopra, e dietro; a tutti, meco; cioè con me Dante, sen veniva Dicendo: Quando fie ch’io; cioè Forese, ti riveggia; cioè te Dante in questo luogo tornato, o in paradiso; cioè di po’ la morte corporale?
C. XXIV — v. 70-93. In questi sei ternari lo nostro autore finge come rispuose a la dimanda di Forese; e come Forese, indutto per quella risposta, li predice lo fine di messere Corso Donati suo fratello; e finge poi come si partì da lui, dicendo così: Non so, rispuos’io; cioè Dante, lui; cioè a lui, a Forese, quant’io; cioè Dante, mi viva; cioè di là nel mondo, Ma già non fi’ il tornar mio; cioè di me Dante, tanto tosto; cioè sì tosto, Ch’io; cioè che io Dante, Non sia col voler; cioè co la volontà e col desiderio, prima a la riva; cioè a la riva dell’isula del purgatorio, dove finse di sopra che1 si posasseno l’anime che veniano per mare guidate dell’angiulo; et ecco che assegna la cagione: Però che ’l loco; cioè Fiorensa, u’; cioè nel quale, fui a viver posto; cioè da la natura, che mi fece nascere quive, Di giorno in giorno più di ben si spolpa; cioè si priva: spolpare è levare la polpa, e però si pillia spolpare per2 privare, Et a trista ruina; qui l’adiettivo è soperchio: imperò che ogni ruina è trista, par disposto; questo dice l’autore di Fiorensa, che li pare disposta a ruina. Or va; tu, Dante, diss’el; cioè Forese, che quei; cioè che colui, che; cioè lo quale, più n’à colpa; cioè de la ruina, a che dici tu che è apparecchiata Fiorensa, Vegg’io; cioè Forese, a coda d’una bestia tratto; cioè stracinato3 a coda d’una bestia, In ver la valle; cioè de lo inferno, ove; cioè ne la quale valle, mai non si scolpa: imperò che ne lo inferno non è remissione alcuna. Qui finge Dante che Forese li predicesse la morte4 di messer Corso Donati