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man ritta, come andavano prima, raffretta ’l suo passo: per ristorare lo stallo ch’aveano fatto, E per magrezza e per voler leggiera: due cose assegna de la leggeressa cagioni; cioè la magressa e la volontà di fare la loro penitenzia. Et ora induce un’altra similitudine, cioè: E come l’om che; cioè lo quale, di trottar è lasso; cioè è stanco, Lassa andar li compagni; oltra inanti, e si passeggia; cioè va a spasso, Fin che si sfoga l’affollar; cioè lo battere e l’ansiare del polmone, del casso; cioè del luogo voito del corpo umano dove sono le intestina, lo quale si chiama casso; cioè lo luogo voito, a differenzia de la coscia e de la natica, che è tutta piena, ; ecco che adatta la similitudine; cioè per sì fatto modo, lassò trapassar la santa greggia; cioè la santa congregazione di quelle anime che si possano dire sante, perchè sono in grazia, Forese; del quale è stato ditto di sopra, e dietro; a tutti, meco; cioè con me Dante, sen veniva Dicendo: Quando fie ch’io; cioè Forese, ti riveggia; cioè te Dante in questo luogo tornato, o in paradiso; cioè di po’ la morte corporale?

C. XXIV — v. 70-93. In questi sei ternari lo nostro autore finge come rispuose a la dimanda di Forese; e come Forese, indutto per quella risposta, li predice lo fine di messere Corso Donati suo fratello; e finge poi come si partì da lui, dicendo così: Non so, rispuos’io; cioè Dante, lui; cioè a lui, a Forese, quant’io; cioè Dante, mi viva; cioè di là nel mondo, Ma già non fi’ il tornar mio; cioè di me Dante, tanto tosto; cioè sì tosto, Ch’io; cioè che io Dante, Non sia col voler; cioè co la volontà e col desiderio, prima a la riva; cioè a la riva dell’isula del purgatorio, dove finse di sopra che1 si posasseno l’anime che veniano per mare guidate dell’angiulo; et ecco che assegna la cagione: Però che ’l loco; cioè Fiorensa, u’; cioè nel quale, fui a viver posto; cioè da la natura, che mi fece nascere quive, Di giorno in giorno più di ben si spolpa; cioè si priva: spolpare è levare la polpa, e però si pillia spolpare per2 privare, Et a trista ruina; qui l’adiettivo è soperchio: imperò che ogni ruina è trista, par disposto; questo dice l’autore di Fiorensa, che li pare disposta a ruina. Or va; tu, Dante, diss’el; cioè Forese, che quei; cioè che colui, che; cioè lo quale, più n’à colpa; cioè de la ruina, a che dici tu che è apparecchiata Fiorensa, Vegg’io; cioè Forese, a coda d’una bestia tratto; cioè stracinato3 a coda d’una bestia, In ver la valle; cioè de lo inferno, ove; cioè ne la quale valle, mai non si scolpa: imperò che ne lo inferno non è remissione alcuna. Qui finge Dante che Forese li predicesse la morte4 di messer Corso Donati

  1. C. M. che sposasseno
  2. C. M. qui per
  3. Stracinato, levato di mezzo l’s, al modo che solevano in talune voci gli antichi. Così dissero arbucello, resucitare, per arbuscello, resuscitare ec. E.
  4. Messer Corso Donati morì alla badia di san Salvi a di’ 15 settembre 1307. E.