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p u r g a t o r i o x x i v. |
[v. 28-39] |
prima cognoscesse alquanti di quelli spiriti, dicendo: Viddi; cioè io Dante, che non me1 mostrò Forese, per fame a voto; cioè in vano; impero che non n’avea nulla in bocca, usar li denti; cioè mastucare sensa avere cibo in bocca; e questo finge, per confermare quello che è ditto di sopra che la fame sia la pena con la quale si purgano li golosi, Ubaldin de la Pila; questi fu uno delli Ubaldini che ebbe nome Ubaldino2, e fu molto goloso e fu denominato de la Pila e fu padre di quello che seguita, e Bonifazio; questi fu filliuolo del suddetto messere Ubaldino, e fu arcivescovo di Ravenna, e fu ancora goloso; e perchè è usansa di quelli arcivescovi di non portare lo pasturale ritorto come fanno li altri; ma diviso di sopra a modo di quello scacco che si chiama rocco, dice, Che; cioè lo quale, pasturò; cioè come pastore resse e governò, col rocco; cioè col pasturale fatto a modo di rocco, che significa l’officio del prelato che dè guardare e governare l’anime a lui commesse, come fa lo pastore le suoe pecore col bastone ritorto: solevano usare li pastori lo bastone torto, per acconciare con esso i piedi de le pecore, et a quella similitudine è fatto lo pastorale: imperò che debbeno li pastori dirissare l’affezione dei sudditi co la loro buona dottrina et esempli; ma quello de l’arcivescovo di Ravenna si fa steso col rocco in capo, molte genti; e questo dice, perchè ebbe molte genti sotto ’l suo arcevescovado, o vero pasturò; cioè pascette molte genti col suo beneficio: imperò che tenea grande famillia e corte; e come era goloso elli, così molti ne pascea ingordamente. Vidi messer Marchese; questo fu messere Marchese da Forlì, lo quale fu molto vago di bere; e però dice, che; cioè lo quale, ebbe spazio Già di ber a Forlì; cioè ne la sua città che si chiamava Forlì, che è in Romagna, con men secchessa; cioè con minore asciugaggine, che non avea ora quando io lo viddi, E sì fu tal, che non si sentì sazio; cioè fu sì fatto bevitore, che mai non fu sensa sete. Ma come fa chi guarda, e poi fa pressa; cioè fa sollicitudine, Più d’un che d’altro; cioè mostra di volere più tosto parlare ad uno, che ad un altro, fei; cioè io Dante, a quel da Lucca; cioè a Bonagiunta, Che; cioè lo quale, più parea di me; cioè Dante, voler contessa; cioè cognoscenzia. El; cioè quello spirito, cioè Bonagiunta, mormorava; cioè tra sè, sì ch’io non lo potea intendere, e non so che Gentucca; contava quello spirito ne la sua mormorazione, dice l’autore: non so che Gentucca; finge l’autore ch’elli nol sapesse intendere, perchè secondo la sua fizione non era anco stato quello ch’elli predicea et annunziava; cioè ch’elli dovea
- ↑ C. M. mi mostrò — Il Codice nostro legge — me mostrò — senza la particella a che talora i nostri antichi tralasciavano innanzi al nome personale e a qualche pronome. E.
- ↑ Ubaldino fu di Mugello degli Ubaldini di Firenze. E.