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l’andare, ma ragionando andavam forte; cioè elli et io, Sì come nave pinta da buon vento; ecco ch’adduce la similitudine, che andavano fortemente come la nave quand’ella è spinta del1 buon vento, così noi ch’eravamo condutti su dal buon volere, guidati de la2 grazia di Dio. E l’ombre, che parean così rimorte; come ditto è di sopra, Per le fosse delli occhi; cioè per li occhi loro, ch’erano cavati a modo che due fosse, ammirazione Traean di me; cioè vedendomi coi loro occhi fitti3, come è ditto di sopra, si meravilliavano ch’io era vivo, di mio viver accorte; cioè avvedute ch’io era vivo. Et io; cioè Dante, continuando ’l mio sermone; lo quale incominciai di sopra, parlando di Stazio, Dissi; a Forese: Ella; cioè l’anima di Stazio, sen va su; cioè in vita eterna, forsi più tarda, Che non farebbe, per l’altrui cagione; cioè per cagione di Virgilio, per trovarsi con lui e star più con lui. Questa fizione fa l’autore, per continuare la fizione che à posto di sopra; cioè che Stazio avesse grande amore a Virgilio, e Virgilio a lui, sì che Virgilio si lamentò che ingiummai lo cammino li parrebbe corto, perchè avea desiderio di stare con Stazio. Ma dimmi; cioè tu, Forese, a me Dante, se tu sai; cioè tu, Forese, dov’è Piccarda; cioè in qual luogo è Piccarda tua suore. Dimmi; ancora tu, Forese, s’io; cioè Dante, veggio da notar persona; cioè persona degna di nota e di fama, Tra questa gente che; cioè la quale, sì mi riguarda; cioè m’avvisa, cioè me Dante.

C. XXIV — v. 13-27. In questi cinque ternari lo nostro autore finge come Forese preditto rispuose a la sua dimanda, prima de la sua suore, appresso li nomò alquanti di quelli ch’erano con lui, dicendo così: La mia sorella; cioè Piccarda, de la quale tu m’ài addimandato, che; cioè la quale, Non so qual fusse più tra bella e buona; quasi dica: Ella era bella, e come era bella così era buona sì, ch’io non saprei dire in quale avansava o in bellessa o in bontà, triunfa lieta già di sua corona Ne l’alto Olimpo; cioè ne l’alto cielo àe lo suo premio lieta de la sua gloria, come li romani principi aveano per loro premio lo triunfo ordinato per li Romani; cioè l’onore che faceva l’università de la città a chi l’avea meritato. Sì disse prima; cioè Forese, rispondendo a la dimanda della sua suore, e poi; cioè di po’ le ditte parole de la sua suore, adiunse4 questo; cioè: Qui; cioè in questo luogo, non si vieta Di nominar ciascun; cioè permesso c’è di nominare ogni uno: imperò che, benchè l’omo sia stato peccatore, onore li è ch’elli a la fine si sia ricognosciuto, e ch’elli sia de’ salvati, da ch’è; cioè poi che è, sì munta; cioè sì mancata, Nostra sembianza; cioè nostra similitudine, via; questo è avverbio intensivo; cioè molto, per la dieta; cioè per lo pomo che c’è vietato e per lo

  1. C. M. dal
  2. C. M. dalla
  3. C. M. occhi, fatti,
  4. C. M. aggiunse