127Sì accostati ad un dei du’ vivagni,1
Passammo udendo colpe de la gola2
Seguite già dai miseri guadagni.
130Poi, rallargati per la strada sola,
Ben mille passi e più ci portammo oltre,3
Contemplando ciascun senza parola.
133Che andate pensando sì voi sol tre?
Subitamente disse; ond’io mi scossi,4
Come fan bestie spaventate e poltre.
136Drizzai la testa per veder chi fossi;5
E già mai non si viddero ’n fornace
Vetri e metalli sì lucenti e rossi,
139Com’io viddi un che dicea: Se a voi piace,
Montate in su: qui si convien dar volta,6
Quinci si va chi vuole andar per pace.
142L’aspetto suo m’avea la vista tolta;
Per ch’io mi volsi dietro ai miei dottori,
Com’om che va segondo ch’elli ascolta.
145E quale annunziatrice delli albori
L’aura di Maggio muovesi, et olezza
Tutta impregnata dall’erbe e da’ fiori;
148Tal mi senti’ un vento dar per mezza
La fronte, e ben senti’ muover la piuma,
Che fe sentir d’ambrosia l’orezza;
151E senti’ dir: Beati cui alluma
Tanto di grazia, che l’amor del gusto
Nel petto lor troppo disir non fuma,7
154Esuriendo sempre quanto è giusto.
- ↑ v. 127. C. A. all’un de’ due
- ↑ v. 128. C. A. Passando udimmo
- ↑ v. 131. C. A. ci portaro
- ↑ v. 134. C. A. Subita voce disse;
- ↑ v. 136. Fossi; terza persona singolare dell’imperfetto congiuntivo, dagli antichi terminata in i, affine di pareggiarla a quella del presente: ami. E.
- ↑ v. 140. C. A. Montare
- ↑ v. 153. C. A. Troppo nel petto lor disio