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c a n t o   x x i v. 569

100E quando inanzi a noi sì entrato fue,1
     Che li occhi miei si fero a lui seguaci,
     Come la mente alle parole sue,
103Parvermi i rami gravidi e vivaci2
     D’un altro pomo, e non molto lontani,
     Per esser più allora volto in laci.3
106Viddi gente sott’esso alzar le mani,
     E gridar non so che verso le fronde,
     Quasi bramosi fantolini e vani,
109Che pregano, e ’l pregato non risponde;
     Ma per far esser ben la vollia acuta,
     Tien alto il lor disio, e nol nasconde.
112Poi si partì sì come ricreduta;
     E noi venimmo al grande arbore adesso,
     Che tanti preghi e lagrime rifiuta.
115Trapassate oltra senza farvi presso:
     Legno è più su che fu morso da Eva,
     E questa pianta si levò da esso.
118Sì tra le frasche non so chi ’l diceva;4
     Per che Virgilio, Stazio et io stretti5
     Oltra andavam dal lato che si leva.
121Ricordivi, un dicea, de’ maladetti6
     Ne’ nuvuli formati, che satolli
     Teseo combattèr coi doppi petti;
124E de li Ebrei, ch’al ber si mostrar molli;
     Per che non volle Gedeon compagni,7
     Quando inver Madian discese i colli.

  1. v. 100. C. A. innanzi a noi intrato fue,
  2. v. 103. C. A. Parvemi rami
  3. v. 105. C. A. pure allora
  4. v. 118. C. A. chi diceva;
  5. v. 119. C. A. ristetti
  6. v. 121. C. A. Ricordivi, dicea,
  7. v. 125. C. A. non gli ebbe Gedeon