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[v. 91-105] | c o m m e n t o | 47 |
cioè per meravillia, credo, mi dipinsi; cioè io Dante diventai smorto, e mostrai l’ammirazione nel colore del volto, Perchè l’ombra; la quale io volea abbracciare, sorrise; cioè sogghignò, vedendo ch’io era beffato, e si ritrasse; dall’abbracciarmi; Et io; cioè Dante, seguendo lei; che si facea a rieto, oltra mi pinsi; inverso lei. Soavemente; cioè dolcemente, disse ch’io posasse; cioè ch’io stesse fermo: Allor cognobbi; io Dante nel parlare soave, chi era; questa ombra, perchè rappresentò lo parlare soave che ebbe in questa vita, e pregai; io Dante quella ombra, Che per parlarmi un poco s’arrestasse; cioè stesse ferma. Rispuosemi; quella ombra a me Dante: Così com’io t’amai Nel mortal corpo; lo quale io mi sono spolliata, così t’amo sciolta; cioè da quello mortale corpo liberata. Nei salvati tutte le virtù rimagnano et i vizi si perdeno, e nei dannati è lo contrario: imperò che, se alcuno atto virtuoso v’è stato, s’affoga da la moltitudine de’ vizi, e li vizi rimagnano: amare è virtù, perchè viene da carità, e però finge l’autore che durasse. Però m’arresterò; teco, ma perchè vai? Qui dimanda l’ombra a Dante de la cagione del suo viaggio, poi ch’àe risposto a lui.
C. II — v. 91-105. In questi cinque ternari lo nostro autore nomina l’ombra con cui fìnge aver parlato, e dimandala, fatto sua risposta a la dimanda prima a lui fatta; et ella li risponde, dicendo: Casella mio; così aveva nome quell’ombra, quando era nel mondo, per tornar altra volta Là dove son; s’intende, vado. Ecco ’l fine a che Dante andava; per tornare a la penitenzia, sicchè meritasse d’essere in purgatorio quando morisse; o volliamo secondo l’allegorico intelletto, però andava col pensieri trattando de lo stato de la penitenzia, per tornarvi coll’opera; e però adiunge 1 farò questo viaggio; co la mente quanto a la verità, benché poeticamente finga farla 2 corporalmente, Diss’io; cioè Dante a Casella 3 le parole dette di sopra. Questo Casella fu, secondo ch’io odo 4, fiorentino e fu buono cantore et intonatore di canti, sicché alcuno de’ sonetti, o vero cansoni dell’autore intonò, tra i quali fu quello che dirà di sotto; cioè: Amor, che ne la mente mi ragiona, e fu omo di diletti e tardò a venire a lo stato de la penitenzia quando fu nel mondo, occupato da vani diletti infine a l’ultimo; e però finge l’autore che lo trovasse in questo luogo; cioè ne la piaggia de l’isula 5 andando in verso ’l monte del purgatorio, e che de nuovo fusse portato quive da l’angiulo in su la navicella; ma perché era morto molto tempo inanti, dimanda l’autore, perchè tanto àe tardato a venire, dicendo: ma a te come tanta ora è tolta; cioè perchè se’ tanto tardato a venire a la purga-