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554 | p u r g a t o r i o x x i i i. | [v. 28-36] |
con la quale si purgavano; cioè co la fame come fanno li vivi; e per quelli fa l’autore la fizione, che de’ passati non sapea se non come li altri omini: imperò che coi digiuni e co la astinenzia purgano la gola sì come dice la Medicina; cioè: Contraria contrariis curantur — . Non credo che così a buccia; cioè bucchia, strema; cioè assottilliata e privata di carne, Erisiton; questi fu, secondo che pone Ovidio Met. lib. viii, greco e dispregiò Cerere, talliando ancora in suo dispetto lo bosco consecrato a lei, che era iddia de la biada; unde ella indegnata misse1 grande sterilità e fame ne la contrada, unde elli sempre desiderava di mangiare e mai non si vedea sazio, e consumò tutta la sua sustanzia pure in mangiare, e venditte2 molte volte la filliuola che si mutava in varie figure, e venduta ritornava poi a lui, et elli la vendea da capo; unde diventò magrissimo per la fame; e però dice: si fusse fatto secco; a buccia sottile, com’è quella gente che si purgava: ecco che àe indutta la fizione per similitudine, Per digiunar; cioè per lo digiunare; cioè per non mangiare: imperò che chi digiuna non mangia, quando più n’ebbe tema; cioè paura: chi à fame, à paura di digiunare, e però dimagra. La verità di questa finzione fu che Erisitone fu goloso e consumò tutta la sua sustanzia; e consumato ne la gola ogni cosa, vendeva la filliuola in disonesto uso; e però fingeno li autori che, mutata in varie figure, tornasse a lui: imperò che tornava mutata di nuovo atto di peccato.
C. XXIII — v. 28-36. In questi tre ternari lo nostro autore finge come elli notasse la condizione di quelli spiriti, meravilliandosi de la loro magressa e de la cagione, dicendo così: Io; cioè Dante, dicea fra me stesso; cioè nel cuore, pensando; cioè parlando col pensieri: Ecco La gente che perdeo Gerusalemme; cioè li Iudei che funno assediati in Gerusalemme da Tito Vespasiano, li quali patitteno3 asprissima fame, com’è ditto di sopra nel xxi canto, Quando Maria; cioè una gentil donna che v’era, che ebbe nome Maria, nel Fillio; cioè suo, diè di becco: imperò che l’uccise per mangiarlo, et avealo arrostito mezzo, e l’altro mezzo riservava a l’altro di’; la quale sentita a l’odore de l’arrosto, fulli intrato in casa; e veduto questo, deliberonno li maggiori d’arrendersi; et, avuto Tito la città, vendettene grande parte a 30 per denaio; cioè 90000, come fu ditto di sopra. Parean le occhiaie; cioè li luoghi de li occhi, anella senza gemme; cioè anella tonde sensa castone, dove si mette la gemma. Chi nel viso delli omini legge omo: dicesi che ne la faccia umana se vedono formate littere che significano omo; cioè le du’ ritondita delli occhi per due O, e la tratta del naso co li archi de le cillia uno m, fatto in questa forma ;