76Et io a lui: Forese, da quel di’,
Nel qual mutasti mondo a millior vita,
Cinque anni non son volti infine a qui.
79Se prima fu la possa in te finita1
Di peccar più, che sovvenisse l’ora2
Del buon dolor ch’a Dio ne rimarita,
82Come se’ tu di qua venuto ancora?3
Io ti credea trovar là giù di sotto,4
Dove tempo per tempo si ristora.
85Und’elli a me: Sì tosto m’à condotto
A ber lo dolce assenzio dei martiri
La Nella mia col suo pianger dirotto:
88Con suoi preghi devoti e con sospiri5
Tratto m’à de la costa ove s’aspetta,
E liberato m’à delli altri giri.
91Tant’è a Dio più cara e più diletta
La vedovella mia che molto amai,
Quant’in bene operar è più soletta:6
94Chè la Barbaggia di Sardigna assai7
Ne le femine suoe è più pudica,
Che la Barbaggia dove io la lassai.7
97O dolce frate, che vuoi tu ch’io dica?8
Tempo futuro m’è già nel cospetto,
Cui non serà quest’ora molto antica,
100Nel qual serà in pergamo interdetto
Alle sfacciate donne fiorentine
L’andar mostrando co le puppe il petto.9
- ↑ v. 79. C. M. E prima
- ↑ v. 80. C. A. s’avvenisse
- ↑ v. 82. C. A. tu quassù venuto?
- ↑ v. 83. C. A. quaggiù di
- ↑ v. 88. C. A. Con suoi prieghi
- ↑ v. 93. C. A. a bene
- ↑ 7,0 7,1 vv. 94. 96. C. M. C. A. Barbagia
- ↑ v. 97. C. A. che vuo’
- ↑ v. 102. Puppe, puppa; secondo il latino puppis, e così profferisce il popolo toscano. E.