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528 | p u r g a t o r i o x x i i. | [v. 55-63] |
tenere e lo dare è uno mezzo ch’è virtuoso; cioè tenere quil che si dè, e dare quil che si dè, e chi passa questo mezzo che dia quil che non dè, o1 tegna quil che non dè, vive in peccato: imperò che ogni estremo è vizio, e lo vizio è peccato; e però vivere ne li estremi è vivere in peccato! E sappi che la colpa, che rimbecca Per dritta opposizion alcun peccato, Com esso2 insieme qui suo verde secca; dice che ogni vizio, che contraria dirittamente per opposito ad alcuno vizio, si purga in uno medesimo cerchio e con una medesima pena, come ditto è de la prodigalità e dell’avarizia. E così si può dire de la superbia che à du’ estremi, cioè eccellenzia di sè, mancamento del prossimo; invidia à du’ estremi, letizia del male, tristizia del bene del prossimo; accidia à du’ estremi, lentessa al bene, solicitudine al male; ira à du’ estremi, currucciarsi e dolersi del bene, e contentarsi del male; gola à du’ estremi, non mangiar niente, o mangiar troppo; lussuria à du’ estremi; cioè non pilliare niuno uso de le cose necessarie a la vita, o pilliarle sansa modo: e seccare lo verde è purgare la colpa co la pena. Però, s’io; cioè Stazio, son tra quella gente stato, Che piange l’avarizia; de la quale fu ditto di sopra, per purgarmi; cioè per purgare me, Per lo contrario suo; cioè de l’avarizia, ch’è la prodigalità, m’è incontrato; cioè m’è addivenuto a me Stazio, ch’io mi sono purgato de la prodigalità ne la quale io peccai, e non de la avarizia ch’io non fui mai avaro.
C. XXII — v. 55-63. In questi tre ternari finge lo nostro autore come Virgilio dimandò ancora Stazio come diventò cristiano, dicendo: Or quando tu; cioè Stazio, cantasti; cioè scrivesti come poeta, le crude armi; cioè le crudeli battallie che si fanno coll’arme, e però lo strumento si pone per l’atto in che s’usa, et è colore retorico che si chiama denominazione, De la doppia tristizia; che funno cagione di du’ tristizie e dolori, di Giocasta; cioè de la reina Iocasta mollie del re Laio, e poi di Edippo suo filliuolo re di Tebe3, la quale vidde due suoi filliuoli; cioè Eteocle e Polinice, morti insieme per avvicendevili ferite, combattendo insieme per lo reame di Tebe; de la quale materia fece Stazio libro che chiama Tebais, lo quale divise in 12 libri, come Virgilio la sua Eneida: et ebbe la reina questi due filliuoli del suo filliuolo Edippo, al quale ella si maritò per ignoranzia, et anco due filliuole; cioè Antigone et Ismene, sì come fu ditto nel xxvi canto de la prima cantica, Disse ’l Cantor dei bucolici carmi; cioè Virgilio lo quale, tra li altri libri ch’elli fece, fece uno libro che si chiama Bucolica: imperò che come lo bu’ à due corna; così lo parlare di quello libro àe due intendimenti;