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cioè passamente di misura; cioè dare quello che non si dè, per non tenere quello che non si dè, come dice Orazio: Dum vitant stulti vitia, in contraria currunt; li stolti volendo schifare l’avarizia, non sapendo tenere la via del mezzo, cadeno in prodigalità, Milliaia di lunari; bene dice milliaia di lunari: imperò che ogni anno sono tredeci lunari, e di sopra fu ditto che cinquecento anni e più era stato in quello cerchio, sicchè ben sono milliaia de lunari: lunare si chiama una innovazione di Luna che si fa in 27 di’ et ore 9; cioè che la Luna compie di girare tutto lo zodiaco; bene si può anco intendere in du’ altri modi, come appare nel computo, sicchè in di’ 29 et ore 12 adiunge lo Sole, e questo anco si chiama uno Lunare, ànno ponita: imperò che io sono stato più di 500 anni in purgatorio nel quinto cerchio a purgarmi de la prodigalità. E, se noti fosse ch’io; cioè Stazio, drizzai mia cura; cioè mio pensieri, Quand’io; cioè Stazio, intesi là dove: cioè in quella parte del tuo libro; cioè de l’Eneida, cioè nel terso libro nel quale, tu; cioè Virgilio, chiame; cioè fai esclamazione, ch’è colore retorico, Quasi crucciato all’umana natura; cioè come corrucciato in verso li omini per lo maladetto vizio dell’avarizia, dicendo: Per che non reggi tu, o sacra fame; cioè o santo desiderio, sicchè non passi ne li estremi, che altramente1 non è santo, anco è maladetto e vizioso, Dell’oro; per questo s’intendeno l’altre quattro cose in che stanno le ricchesse; cioè in oro, ariento e pecunia, e questa è la prima; in gemme e pietre preziose, e questa è la secunda; in possessioni terrene, e questa è la terza; in vestimenti e massarizie, e questa è la quarta; in familli e servi, e questa è la quinta, l’appetito; cioè la volontà, dei mortali; cioè delli omini? Sono li omini chiamati mortali de la morte, la quale è necessaria a tutti. Sopra questa parte è da notare che Virgilio nel iii libro dell’Eneide, inducendo Enea a parlare de la sua vagazione per lo mondo di po’ la destruzione di Troia, dice come pervenne in Tracia et incominciò a fare la città; e volendo fare sacrifìcio alli dii et a la madre Venere, volendo adornare l’altare di mortella, cavando de la mortella s’avvenne al luogo u’ era sepulto Polidoro filliuolo del re Priamo, lo quale lo re avea mandato al re Polinestore suo cugnato con molto tesoro; lo quale Polidoro lo ditto re, per avere lo tesoro, uccise e fece balestrare a posta; unde finge Virgilio che le saette nascesseno fìtte nel corpo et uscisseno, fatti virgulti2, fuor de la terra; e che cavando Enea di quelli virgulti ne venisseno sanguinosi, e che una voce scisse del tumulo e dicesse come elli era Polidoro; e che Enea narri la storia detta a Dido reina di Cartagine, e narrando

  1. Da — non è santo . . . . vizioso — dal Magl. E.
  2. C. M. vergiulli,