Pagina:Commedia - Purgatorio (Buti).djvu/533

   [v. 10-24] c o m m e n t o 523

tra noi poeti nel limbo, come àe finto l’autore che li poeti e li virtuosi d’arme o di scienzia infideli siano nel limbo, ne la prima cantica nel canto iv, Che la tua affezion; cioè di te Stazio, cioè che tu avei in verso di me, mi fe palese; cioè mi manifestò, ch’io nolla sapea, Mia benvollienza1; cioè lo mio volerti bene et amarti, in verso te; cioè Stazio, fu; tale, s’intende, quale; benvolliensa, Più strinse mai di non vista persona; cioè di persona non veduta da alcuno omo: noi possiamo amare le cose non vedute; ma non le non cognosciute. Questo relativo Quale dà ad intendere tale per la regola de la Grammatica; cioè che lo relativo che incomincia da c, o da q, dà ad intendere lo suo antecedente. ; cioè per sì fatto modo, ch’or; cioè che avale, mi parran corte queste scale: imperò ch’i’ vorrei che fusseno più lunghe, per venire e stare più tempo teco. Ma dimmi; cioè tu, Stazio, a me Virgilio, e come amico mi perdona; ecco che insegna come l’amico dè sempre cortesemente parlare, co l’amico, Se troppa sigurtà mi allarga; ecco che dimanda perdono; cioè s’i’ pillio troppa sigurtà in dimandarti, il freno; cioè lo ritenimento, che dè avere l’uno omo coll’altro, di non dimandare quello ch’elli vegga che altri non vollia dire. E come amico omai meco ragiona; cioè siguramente, come debeno ragionare insieme li amici. Come poteo trovar dentro al tuo seno; cioè dentro al petto tuo, Loco avarizia tra cotanto senno; quanto tu avei: ecco che ’l comenda di senno, e però dice: Di quanto per tua cura fusti pieno; cioè tu, Stazio? E dice per tua cura; cioè per tua sollicitudine: Iddio ci presta lo senno e lo intendimento, se noi2 siamo solliciti in acquistarlo e dimandarlo da lui.

C. XXII. — v. 25-54. In questi dieci ternari lo nostro autore finge come Stazio risponde a la dimanda fatta di sopra da Virgilio, dicendo così: Queste parole; cioè quelle le quali funno ditte di sopra da Virgilio a Stazio, ne le quali Virgilio àe dimandato Stazio, secondo che finge l’autore, come cadde in avarizia essendo così savio: imperò che molto si disdice al savio d’essere avaro, e la cagione è questa che ’l savio cognosce questi beni mondani esser fallaci e mutevili e cognosce lo vero bene; unde pare impossibile che, cognoscendo il vero bene e questi esser3 fallaci, vada di rieto et intenda a questi e lassi quello. Et a questa ragione si può rispondere che ’l perfettamente savio non cade in questo errore; ma quelli che

  1. Bernardo Segni nel lib. viii dell’Etica d’Aristotile dichiara come a quella del greco filosofo si accorda la dottrina del Poeta italiano: imperocchè lo Stagirita non vuol torre l’amore inverso di quelli che non si riamano che non sanno l’amore l’uno dell’altro, sebbene tra questi tali e’ vuol torre l’amicizia; anzi determina infra cotali dirsi benevolenza e non amicizia. E.
  2. C. M. se non siamo
  3. C. M. essere falsi, vada