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[v. 52-66] | c o m m e n t o | 43 |
gnificare che ringraziavano Dio che erano uscite d’Egitto; cioè de la servitù del dimonio e del peccato, e venute in terra di promissione; cioè al purgatorio a la penitenzia, e però dice: Cantavan; quello, e ch’è in mezzo del verso si dè pilliare innanti, tutti; quelli spiriti, insieme ad una voce; lo salmo detto di sopra; cioè In exitu ec., Con quanto di quel salmo è poi scripto; cioè con tutto l’avanzo. Poi fece il segno; lo detto angiulo, lor; cioè a quelli spiriti, di santa Croce; cioè che li benedisse, segnandoli col segno de la santa croce, Unde si gittar tutti in su la piaggia; dell’isula del purgatorio li detti spiriti, Et el sen gio; cioè l’angiulo se n’andò, come venne, veloce; cioè presto come venne, per andare per li altri. Questa parte de la navetta e de l’angiulo sposta allegoricamente per quelli del purgatorio, mellio si spone per quelli del mondo, come credo che fusse la intenzione de l’autore in questa forma; cioè che la navetta sottile e leggera significa la volontà umana la quale è tanto sottile che ogni grossezza passa; cioè li monti, li muri et ogni altra cosa; e tanto leggiera, che da occidente vola in oriente. Questa volontà, quando è governata e retta da la grazia illuminante e cooperante di Dio, significata per l’angiulo, passa dal peccato a la penitenzia sopra tutte le tempestadi del mondo e sopra le flussibilità de’ vizi per lo mare significata, per la vanità dei beni mondani significati per l’aire, senza esser quinde occupata; la quale grazia la conduce con l’ali de la fede, la quale si dice bianca perchè dè essere la fede pura; unde Virgilio: Cana Fides, et Vesta ec. Queste due ali sono la ritta li articuli de la fede spettanti a la divinità; e la manca li articuli spettanti all’umanità di Cristo: la stola bianca, ch’è di sotto la chiesa santa, la remissione dei peccati per lo battesimo, la finale resurrezione; e con queste spinge la grazia di Dio la volontà dal peccato a l’apparechiamento de la penitenzia, incominciandosi dall’obbedienzia de la santa chiesa, unde si dè incominciare l’atto de la penitenzia. E questo par che vollia il testo, e quanto finge l’ali bianche e la stola, in quanto dice: Vedi che sdegna li argomenti umani: imperò che i Teologi diceno: Fides est substantia sperandarum rerum, et argumentum non apparentium; e per tanto volse intendere che usava li argomenti de la fede. E se altri volesse ostare con quello testo che dice Trattando l’aire co le eterne penne; dicendo che la fede non è eterna, desi rispondere che l’autore intese quanto al merito, benchè l’atto de la fede vegna meno, di po’ la resurrezione finale non verrà meno lo suo merito; unde dice la santa scrittura: Fides quid tibi praestat? Vitam aeternam.
C. II — v. 52-66. In questi cinque ternari lo nostro autore finge come quella gente incominciò a parlare con lui e con Virgilio, dicendo così: La turba, che rimase lì; cioè quine, partitosi l’angiulo, selvaggia; cioè salvatica, Parea del loco; cioè parea non saputa del