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[v. 76-102] | c o m m e n t o | 507 |
grande la sete; ecco che l’autore dimostra quanto questa risposta li fu a grado, tenendo la similitudine de la sete; cioè come l’assetato si diletta di bere, secondo la grande sete che à sostenuta; così io, ch’avea sostenuto grande desiderio di sapere la cagione del terremoto e del canto, non saprei dire quanto mi dilettò la dichiaragione: sì eccessivamente; e però dice: Non saprei dir; cioè io Dante, quanto mi fece prode; cioè la ditta dichiaragione fatta da Stazio a Virgilio; ecco con quanto artificio l’autore àe posto questa utile fizione e notabile. E qui finisce la prima lezione del canto xxi, et incomincia la seconda.
E ’l savio Duca: ec. In questa seconda lezione del canto xxi lo nostro autore finge come Virgilio dimanda lo sopra ditto spirito chi elli fu, et elli si1 li manifesta; e come, ricognosciuto Virgilio, li fa grandissima riverenzia. E dividesi questa lezione in cinque parti: imperò che prima finge come Virgilio lo dimanda chi elli fu, et elli si li manifesta, e non sapendo che colui con cui parla sia Virgilio, loda molto Virgilio; ne la seconda finge che Virgilio accenna Dante che non dica nulla, et incomincia quive: Volsen Virgilio ec.; ne la terza finge come Stazio, veduto sugghignar Dante preso sospetto, lo dimanda perchè rise, quive: Deh, se tanto lavoro ec. ne la quarta finge, com’elli avuta licenzia da Virgilio, risponde a Stazio e dichiaralo del suo ridere, quive: Ond’io: Forsi ec.; ne la quinta finge come Stazio, riconosciuto Virgilio, li volse fare grandissimi segni d’amore e di riverenzia, quive: Già s’inchinava ec. Divisa la lezione, ora è da vedere lo testo co l’esposizioni litterali, allegoriche e morali.
C. XXI — v. 76-102. In questi nove ternari lo nostro autore finge come Virgilio risponde a Stazio e dimandalo chi elli è, et elli si manifesta e loda molto Virgilio, dicendo: E ’l savio Duca; cioè Virgilio disse, s’intende: Omai; cioè ingiummai, veggio la rete; cioè la cagione, Che; cioè la quale, qui; cioè in questo luogo del purgatorio, ne pillia; cioè pillia l’anime, che è la volontà iusta respettiva che si chiama talento del sodisfacimento del peccato co la pena, e come si scalappia; cioè come si sciolge e spaccia da questa rete; cioè co la contrizione e dolore e pena tanto, che iustamente si sodisfaccia al peccato, Perchè ci trema; cioè in questo luogo, e di che congaudete; e le cagioni di questo sono state ditte di sopra. Ora chi fosti; cioè tu, spirito, che m’ai parlato, piacciati ch’io; cioè Virgilio, sappia; cioè da te, E perchè tanti seculi giaciuto Qui se’; cioè perchè tante
- ↑ Si li manifesta; manifesta sè a lui. Di qui si veda come non si avveri sempre il precetto de’ Grammatici; che la particella pronominale avanti al pronome si cangia in se. E.