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c o m m e n t o |
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surga; cioè in tutto si levi da la pena purgata, per andare in vita eterna, o che si mova; cioè del suo girone, purgata di quel peccato, per salir su; cioè all’altro balso, per purgarsi dell’altro peccato, e tal grido segonda; cioè e tal canto seguita di po ’l tremuoto, quale tu udisti diansi; cioè Gloria in excelsis Deo ec. Questa fizione àe posto qui l’autore, per seguitare la fizione di Virgilio che finge ne l’Eneide che, quando Apolline dava le risposte, parea tremare lo tempio e tutto ’l monte; e per convenienzia a le cose naturali: imperò che, se la natura mostra segno quando lo vapore secco è tirato in su dal calore del Sole, sicchè convertito in vento muove la terra per uscire fuora e sallire in suso, finge che quando è l’anima tirata de l’amore di Dio, separandosi dal peccato e da le cose terrene per andare inverso Iddio, ch’è cosa sopra natura, la terra e la natura ne mostri segno lo quale sia sopra naturale, che vegna remota ogni cagione naturale; e così àe dimostrato l’autore che quello accidente fue sopra tutte l’opere de la natura. E però àe finto che Stazio ne sia dichiaratore e non elli, nè Virgilio: imperò che queste sono cose che s’appartegnano a lo intelletto, e non a la ragione, o vero a la sensualità, a considerarle: imperò che Dante significa la sensualità, che sempre dà e ministra al senso interiore comune et a la ragione, come appare quando dirà Dante perchè Virgilio se ne vada ec.; e Virgilio significa la ragione pratica et inferiore, et anco la ragione teorica e superiore, e questi non vastano a considerare le cose sopra natura, come è questa. E però induce Stazio che significa lo intelletto, ch’è cosa stanziale et estendesi a vedere quello che la sensualità e la ragione non può vedere; cioè le cose che non sono sensibili, o che con ragione non si possano comprendere e sono sopra natura, come le levazioni1 dell’anime che cagionano lo tremuoto, lo quale è cagione del canto di tutto lo purgatorio. De la mondizia; cioè de la nettezza dell’anima del peccato, il sol voler fa prova. Leva ora l’autore uno dubbio, che lo lettore potrebbe avere; cioè: Come sa l’anima quando è soddisfatto per lo peccato? A che risponde, fingendo che ’l dica Stazio per la ditta cagione, che sola la volontà, che viene all’anima, di sallire è prova ch’ella sia monda del peccato. Che; cioè lo quale volere, tutto libero; cioè sensa repugnanzia e contradizione del voler respettivo, a mutar convento; cioè a mutare luogo, e cusì muta convento e compagnia, l’alma; cioè l’anima, sol; cioè solo tale volere e non altro, prende; cioè pillia tale2 volontà, quale è ditta di sopra, e di voler li giova; cioè prende l’anima diletto di tale volontà. Prima vuol ben; cioè l’anima. Ora tollie l’autore uno dubbio che nasce
- ↑ C. M. le elevazioni
- ↑ C. M. pillia tal volta, quale