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504 | p u r g a t o r i o x x i. | [v. 55-75] |
stati solamente in Grecia; l’uno al tempo d’Ogigio in Acaia, e l’altro al tempo di Deucalione in Tessalia, e di questi fanno menzione li poeti; del diluvio universale, che fece Iddio al tempo di Noè, non fanno menzione. Potrebbe essere che Giove re di Creta e di Grecia arebbe fatto riboccare1 fiumi nelle contrade della Grecia addosso ai suoi inimici, come fece messer Bernabo e messer Galeazzo riboccare lo Po nel campo dello imperadore Carlo, e di quinci arebbeno preso li Poeti argomento a la loro fizione; del quale diluvio campò Deucalione e Pirra che Giove, predicendolo loro, fece fuggire nel monte Parnaso, come suoi amici; e Giunone arebbe fatto venire a stare seco in Creta Iris filliuola di Taumante, che era suo amico. Secco vapor; che è quil che genera li venti e li fulguri e le saette e li tuoni quando è in aire, e li tremuoti quando è ne le caverne de la terra, non surge più avante; cioè non si leva de la terra più inverso ’l cielo, Ch’al sommo dei tre gradi; cioè de la scala de la porta del purgatorio, ch’or; cioè li quali ora, parlai; io Stazio, Dov’à il vicario di Pietro; cioè l’angiulo che sta a la porta del purgatorio, che figura lo sacerdote che è vicario di s. Piero, le piante; cioè dei suoi piedi li quali tiene in sul terso scalone, ch’è quello di sopra, com’è stato ditto di sopra nel canto ix.
C. XXI — v. 55-75. In questi sette ternari lo nostro autore finge come Stazio, seguendo lo suo parlare, dichiara lo dubbio mosso di sopra da Virgilio del tremuoto e del canto, dicendo: Trema forsi più giù; cioè di sotto a la scala de la porta del purgatorio; e dice forsi, perchè n’è in dubbio: però ch’è l’altro emisperio, quando2 finge Dante che sia l’isula col monte del purgatorio, e coperto dell’oceano, sicchè non vide che vapore secco quive si possa levare, e però lo mette in dubbio, poco o assai; et ecco che pone anco in dubbio la quantità, Ma per vento che in terra si nasconda; ecco che assegna la vera cagione del tremuoto, che si genera per li vapori secchi convertiti in vento ne le caverne de la terra, come ditto è di sopra, Non so come; questo dice, perchè non par possibile che in quello emisperio vapor secco si dubbia levare ne la terra, e convertirsi in vento, quassù non tremò mai; ecco che afferma che da la scala in su ma’ non tremò per accidenti, che siano ne la terra. Tremaci quando alcun’anima monda; poi che àe3 negato le cagioni accidentali comuni del tremuoto e l’effetto poter essere in quello luogo, dimostra la cagione perchè quive è tremuoto e canto, dicendo che vi trema quando un’anima, mondata4 per la penitenzia che àe fatto del suo peccato, Sentesi sì; cioè per sì fatto modo si sente monda, che