496 |
p u r g a t o r i o x x i. |
[v. 1-15] |
quale finge che fusse Stazio poeta, come li salutò et adiunsesi a loro e salutolli, dicendo così: La sete natural; questa sete è lo desiderio del sapere, et è in de l’uomo naturalmente: imperò che dice lo Filosofo: Omnes homines natura scire desiderant — , che; cioè la quale, mai non sazia: imperò che questa sete non si tolle1 nè è sazia mai nell’omo mentre che vive in questa vita, infin che non è pieno de la grazia de lo Spirito Santo, come funno li Apostuli; e però adiunge: Se non coll’acqua onde la feminetta Samaritana dimandò la grazia; ecco che induce la storia dell’evangelio che scrive santo Gioanni cap. iv, quando dice che Cristo essendo ito in Samaria, e fermato al posso di Giacob, mandato li suoi discepuli ne la città per lo cibo, venne una femina di Samaria per l’acqua al posso, a la quale Cristo dimandò bere. Et ella disse: Come mi dimandi bere che se’ giudeo, e li giudei non usano insieme coi Samaritani? Et allora Gesù disseli2: Femina, se tu sapessi chi è colui che ti dimanda bere, tu ne dimandresti a lui, e darebbeti a bere acqua d’una fonte che sallie in vita eterna. Et ella di po’ molte parole la dimandò; e Cristo la riempiè de la grazia de lo Spirito Santo, come appare nel detto evangelio; e però dice l’autore che la sete natural mai non è sazia, se non con l’acqua; cioè co l’abondanzia de la grazia de lo Spirito Santo preveniente, onde; cioè da la quale grazia preveniente, la feminetta Samaritana dimandò la grazia; illuminante, cooperante e consumante da Cristo et ebbela, et allora fu sazia la sua sete: imperò che la grazia illuminante, cooperante e consumante sazia l’anima umana; ma ella non viene, se prima non viene la preveniente: imperò che nessuno la dimanda se non illuminato a ciò da Dio, et ella non viene se non dimandata, Mi travalliava; cioè lo desiderio di sapere facea me Dante discorrere d’uno pensieri in uno altro, e così mi travalliava: imperò ch’io pensava che potesse essere cagione de li sopra ditti accidenti, e vari pensieri n’erano ne la mente mia; e tutto questo è fizione poetica: imperò che l’autore sapea bene a che fine avea composto questa fizione; cioè per dichiarare alcuna bella sentenzia la quale porrà di sotto, che vuole mostrare che sia di Stazio et ella fa sua. E la cagione di questa fizione è allegoricamente: imperò che non è verisimile che la sensualità di Dante dovesse sapere la cagione di sì fatti accidenti sopra naturali, perchè non li avea provati sicchè non avea avuto esperienzia, nè Virgilio: imperò che non è cosa che la ragione umana, secondo lo suo discorso, dovesse comprendere. Nè anco secondo la lettera è verisimile che Dante, che
- ↑ Tolle; inflessione originata dall’infinito tollere, imitando i Latini. E.
- ↑ C. M. Disseli: Chi è colui