100E per esser vissuto di là quando
Visse Virgilio, assentirei un Sole
Più che non deggio, al mio uscir di bando.
103Volsen Virgilio a me queste parole1
Con viso che tacendo, disse: Taci;
Ma non può tutto la virtù che vole:
106Chè riso e pianto son tanto seguaci
A la passion da che ciascun si spicca,
Che men seguen voler nei più veraci.
109Io pur sorrisi, come l’om che ammicca;
Per che l’ombra si tacque, e riguardommi
Nelli occhi, ove ’l sembiante più si ficca.
112Deh, se tanto lavoro in bene assommi,23
Disse, perchè la tua faccia testeso
Un lampeggiar di riso dimostrommi?
115Or son io d’una parte e d’altra preso;
L’una mi fa tacer, l’altra scongiura
Ch’io dica; ond’io sospiro, e sono inteso
118Dal mio Maestro; e non aver paura,
Mi dice, di parlar; ma parla, e dilli4
Quel che e’ dimanda con cotanta cura.
121Ond’io: Forsi che tu ti meravilli,
Antiquo spirto, del rider ch’io fei;5
Ma più d’ammirazion vo che ti pilli.
124Questi, che guida in alto li occhi miei,
È quel Virgilio, dal qual tu tolliesti
Forsi a cantar delli omini e de’ dei.6
- ↑ v. 103 C. A. Volser
- ↑ v. 112 C. M. E, se tanto,
- ↑ v. 112 C. A. E se tanto labore
- ↑ v. 119 C. A. Mi disse,
- ↑ v. 122 C. M. C. A. Antico
- ↑ v. 126 C. A. Fortezza a cantar d’uomini e di Dei.