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40 | p u r g a t o r i o ii. | [v. 25-36] |
terra umida, o vero dell’acque, attratti lo di’ dal sole, e però biancheggia l’aurora e poi rossica 1 e poi ingialla, secondo che il sole più s’appressa come fu detto di sopra, Marte; questo è uno dei sette pianeti, più alto che il sole, e di sopra a lui è Giove e poi Saturno, rosseggia; cioè appare rosso, Giù nel ponente; dice perchè, quando Marte al mattino è nel ponente, lo sole è distante da lui nel levante, sopra il suol marino; cioè sopra la pianura e la superfice del mare. E fa qui una similitudine che, come Marte rosseggia nel ponente al mattino; così viddi venire uno lume su per lo mare in verso l’isula dove finge ch’elli fusse, et adatta la similitudine, dicendo: Cotal m’apparve; questo lume ch’io viddi, quale è Marte detto di sopra; cioè ne la mia fantasia si dè intendere: imperò che altramente parrebbe pregare contra sè medesimo: imperò che, come debbiamo sapere, elli non lo vidde se non co la fantasia; et aggiunge per affermare la sua osservazione, quasi dica: Se io dico vero, così lo possi io anco vedere, e però dice: s’io; Dante, ancor lo veggia; questo lume che era uno angiulo, come apparrà di sotto, lo quale àe desiderio di vedere ancora, Un lume per lo mar venir sì ratto; cioè parve a me Dante, Che il muover suo nessun volar pareggia; cioè più veloce venia, che alcuno uccello possi volare, Dal qual; cioè lume, com’io; cioè Dante, un poco ebbi ritratto L’occhio; e rivolto a Virgilio, per dimandar lo Duca mio; cioè Virgilio, che lume questo era, Rividdil più lucente e maggior fatto; per che s’era più approssimato, Poi d’ogni lato ad esso; lume, m’apparìo; cioè alla vista mia, Un non sapea che bianco, e questo bianco era due ale che avea questo angiulo; ma l’autore finge che per la distanzia nolle 2 scorgesse, e di sotto A poco a poco un altro; cioè bianco, a lui n’uscio; e questo era la stola bianca co la quale si dipingono li angiuli sì, che non si pare niuna forma corporale, se non nel volto. Li angiuli quanto a la verità non ànno alcuna forma corporale: imperò che sono spirito; ma dipingonsi col volto umano, a dinunziare che ànno volontà libera, ma ora è confermata in grazia: e con l’ali, a significare la loro leggeressa che subitamente possano essere dove vuolliano: e sono due bianche, a significare la memoria e lo intelletto puro che ànno: e la stola bianca, a significare che in loro è tutta nettessa da ogni peccato.
C. II — v. 25-36. In questi quattro ternari lo nostro autore finge come Virgilio, cognosciuto l'angiulo 3 lo manifesta a lui, dicendo: Lo mio Maestro; cioè Virgilio, ancor non facea motto, Mentre; cioè infine a tanto, che i primi bianchi; veduti da lungi, apparver ali; com’elle erano. Allor che ben cognobbe; Virgilio, il galeotto; cioè l’angiulo,