22E seguitar: Povera fusti tanto,
Quanto veder si può per quell’ospizio,
Dove sponesti il tuo portato santo.1
25Seguentemente intesi: O buon Fabrizio,
Con povertà volesti anzi virtute,
Che gran ricchezza posseder con vizio.
28Queste parole m’eran sì piaciute,
Ch’io mi trassi oltra per aver contezza
Di quello spirto, onde parean venute.
31Esso parlava ancor de la larghezza,
Che fece Nicolao a le pulcelle,2
Per condur ad onor lor giovanezza.
34O anima, che tanto ben favelle,
Dimmi chi fosti, dissi, e perchè sola
Tu queste degne lode rinnovelle.3
37Non fi’ senza mercè la tua parola,4
S’io ritorno a compier lo cammin corto5 6
Di quella vita che al termine vola.
40Et elli: Et io dirò, non per conforto7
Ch’io attenda di là; ma perchè tanta
Grazia in te luce prima che sii morto.8
43Io fui radice de la mala pianta,
Che la terra cristiana tutta aduggia,
Sì che buon frutto rado se ne schianta.
46Ma se Doagio, Lilla, Guanto e Bruggia
Potesser, tosto ne serea vendetta;
Et io la chieggio a Lui che tutto giuggia.
- ↑ v. 24. C. A. sponesti tuo
- ↑ v. 32. C. A. Nicolò
- ↑ v. 36. C. M. rinovelle,
- ↑ v. 37. C. A. fia
- ↑ v. 38. C. A. compir
- ↑ v. 38. C. M. camin
- ↑ v. 40. C. A. Ed egli: Io ti dirò,
- ↑ v. 42. C. A. riluce in te pria che sia