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   456 p u r g a t o r i o   x i x. [v. 115-126]

ch’avarizia fa; cioè di male a l’anima, qui; cioè in questo luogo, si dischiara; cioè si manifesta, In purgazion dell’anime converse; cioè convertite da l’avarizia, e ritornate a Dio per penitenzia, E nulla pena il monte; cioè del purgatorio, à più amara; cioè più piena d’amaritudine e dolore, non più; ma bene altrettanto. E qui si muove dubbio; come finge l’autore che la pena, che purga lo peccato de la avarizia, sia pari a le più amare in amaritudine che siano nel purgatorio: con ciò sia cosa che li più gravi peccati richiedano più gravi pene, e li altri, dei quali è ditto di sopra, sono più gravi, dunqua denno avere più gravi pene; e se più gravi, dunqua più amare pene; e l’autore dice lo contrario, dunqua pare che dica male? A che si dè rispondere che l’autore dice bene che ’l monte del purgatorio niuna pena à più amara; ma tanto, sì: imperò che amaritudo è propria dell’animo, e la contrizione dell’animo dè esser equale in ogni peccato; cioè che tanto sè1 dè dolere, quanto può; e come in tutti è una medesma radice; cioè lo disordinato amore, così in tutti è una medesima purgazione; cioè tanto dolore quanto si può2; o vero che a la purgazione dei peccati, oltra la principale ch’è la contrizione del cuore, sono altre pene accessorie secondo le condizione dei peccati e le loro circustanzie3: imperò che oltra l’amaritudine de la mente, che dè essere tanta quanta si può avere che sodisfaccia per l’amore disordinato avuto ai beni mondani; unde sempre piange4, dicendo lo salmo: Adhæsit pavimento anima mea, e sospirano che sono segni de la amaritudine de la mente, ànno anco questa pena; che stanno colli occhi sempre5 volti giù a la terra, per sadisfacimento, che sempre ragguardonno li beni terreni, e non mai li celestiali. E come per lo desiderio di questi beni terreni ànno lassato l’amore del bene operare; così stanno ora legati le mani, che significano l’opere; e li piedi, che significano l’affezioni: e come sempre stetteno fermi in tal pensieri; così stanno in purgatorio immobili e distesi a la terra. E queste pene allegoricamente per quelli del purgatorio, e moralmente per quelli del mondo, non sono altro che ’l pensieri: imperò che, ripensando le condizioni e le circustanzie del peccato, l’anima s’affrigge6 e duolsi sopra esse, pentendosi d’averle avuto; e s’elli è nel mondo, proponendosi di non volerle più. E però dice: Sì come l’occhio nostro; dell’occhio mentale si dè intendere qui; cioè lo intelletto nostro, In alto non s’aperse; cioè in verso ’l cielo, a considerare lo sommo bene perfetto; ma pure a questo bene mondano, imperfetto, fisso; cioè fermato l’occhio nostro7, a le cose

  1. C. M. se ne dè
  2. C. M. si può. E vero
  3. C. M. circustanzie, sì come è ora ne l’avarizia: imperò
  4. C. M. giungeno
  5. C. M. sempre molto giù a la terra per sodisfacimento
  6. S’affrigge; s’affligge, dove si manifesta come avvenga facilmente la mutazione delle due liquide l ed r. E.
  7. C. M. vostro